MALATTIE RARE: DARE UN NOME A PATOLOGIE SENZA DIAGNOSI, AL VIA RETE ISS
Dare il nome a quelle malattie rare o rarissime che ancora nessun medico è in grado di riconoscere, a causa dei quadri clinici complessi e unici che presentano. È lo scopo della tavola rotonda “Ti chiamerò per nome”, organizzata oggi dall’Istituto superiore di sanità.
Una sfida che oggi aggiunge un tassello al mosaico della ricerca italiana con una nuova iniziativa dell’Iss ribattezzata Undiagnosed Diseases Network Sud (Udn-Sud) che coinvolge 4 centri clinici di Regioni del Sud e del Centro (Puglia, Sicilia, Calabria e Abruzzo) afferenti alla Rete nazionale malattie rare e realizzata con il sostegno incondizionato di Farmindustria, allo scopo di ampliare la casistica dei pazienti e poter fornire diagnosi a un numero crescente di persone. L’obiettivo è quello di caratterizzare in un anno, da un punto di vista biologico-molecolare, 30 nuovi pazienti con fenotipi unici.
“Questa nuova indagine, che coinvolge quattro centri clinici appartenenti alla nostra Rete nazionale malattie rare, è molto importante poiché aggiunge al nostro database di oltre 70 casi lo studio di altri 30 fenotipi a una casistica difficile”, dichiara Domenica Taruscio, direttore del Centro nazionale Malattie rare dell’Iss. “Abbiamo già iniziato la caratterizzazione e speriamo, come è accaduto con un precedente progetto, di riuscire a caratterizzare la patologia anche da un punto di vista genetico molecolare contribuendo quindi a dare una diagnosi a questi pazienti che ne restano privi per anni e ad arricchire il nostro network internazionale che abbiamo contribuito a fondare”.
La maggior parte delle malattie rare non diagnosticate è di origine genetica; ad esse si aggiunge un ulteriore 20% con probabile origine multifattoriale. Pochissimi gli studi disponibili soprattutto se ci si riferisce proprio alla loro possibile origine, causata da interazione geni-ambiente. La ricerca su questo tipo di patologie risulta quindi molto complessa, insufficiente e spesso condotta in maniera disomogenea nei diversi centri clinici, nazionali e internazionali. Ecco perché le malattie senza diagnosi rappresentano oggi una nuova frontiera spingendo ad affrontare il problema dei pazienti non diagnosticati a livello globale e non più solamente locale attraverso l’attuazione di iniziative basate sulla necessità di condividere dati, risultati e programmi.
“Sull’identificazione genetica di queste patologie si gioca molto del futuro della ricerca nel campo della biologia molecolare – spiega Marco Salvatore, direttore della neonata Struttura di Missione temporanea dell’Iss dedicata alle malattie rare senza diagnosi – l’Istituto ha infatti messo a punto una struttura di missione interdipartimentale che utilizza molte delle competenze necessarie attraverso la collaborazione di ricercatori afferenti a vari dipartimenti e centri del nostro Istituto proprio per supportare questa sfida complessa. Spesso questi pazienti hanno solo un secondo caso nel senso che è possibile che ci sia un solo paziente al mondo con un quadro clinico sovrapponibile. Ecco perché i nostri database nazionali non possono prescindere dall’incrocio con quelli internazionali ed ecco perché la ricerca deve essere mondiale”. Nel corso della Tavola Rotonda viene inoltre proiettato un video “Se non conosci il nome – Storia di Deborah”, nel quale viene narrata l’esperienza di una paziente orfana di diagnosi e del suo vissuto di malata “invisibile”.
“Dare un nome alla malattia – conclude Taruscio – significa riconoscerne i sintomi e delimitarli entro un preciso quadro clinico di riferimento, un punto di partenza importante per il paziente ma anche per i suoi familiari che cominciano a muoversi in base a una strategia, qualunque essa sia, e ad affrontare la malattia con maggiore fiducia”.