LAVORO, INNOVAZIONE, FORMAZIONE: LE TRE PAROLE CHIAVE PER IL FUTURO DEI GIOVANI ITALIANI
MILANO – Lavoro, Innovazione e formazione sono le tre parole chiave per comprendere il futuro dei giovani italiani.
Il tema del LAVORO risulta sempre più legato al mondo giovanile italiano dal quale emerge forte la preoccupazione nei confronti di una condizione di difficoltà che non fa intravedere sbocchi lavorativi e che risulta accentuata da una crisi economica che ha colpito molti paesi e tutte le fasce d’età. Ma le nuove generazioni sono anche il “nuovo che produce nuovo”. Non vengono per essere uguali alle generazioni dei genitori e dei nonni. Sono quindi il modo attraverso cui una società costruisce e INNOVA il proprio futuro cercando di compiere con successo il percorso di transizione alla vita adulta nonostante il rischio di impoverimento materiale, frustrazione psicologica e disagio sociale. Tutto questo in un contesto sempre più legato alla coscienza della necessità di un investimento personale nella FORMAZIONE grazie alla quale si preparano alla vita oltre che al mondo del lavoro.
È questo il quadro che emerge dal RAPPORTO GIOVANI 2017 (RG2017) dell’Istituto Toniolo realizzato con il sostegno di Intesa Sanpaolo e della Fondazione Cariplo . Il RG2017 si è basato su un campione di oltre 9.000 giovani tra i 18 e i 32 anni.
La fotografia del RG2017 del mondo giovanile italiano ci presenta una generazione in equilibrio precario tra rischi da cui difendersi e opportunità a cui tendere, con freni culturali e istituzionali alla messa pienamente in campo di tutto il proprio potenziale, troppo spesso misconosciuto e sottoutilizzato. Il 92,2% degli intervistati dichiara di non essere riuscito a realizzare i propri desideri formulati l’anno passato di uscire dalla famiglia di origine.
Sotto la lente d’ingrandimento del RG2017 gli snodi principali della transizione alla vita adulta: la formazione, il lavoro, l’autonomia e le scelte di vita a partire dalla scuola. In tale ambito il RG2017 restituisce il punto di vista dei giovani del contesto scolastico, non solo sulla sua capacità di essere luogo di apprendimento, ma anche su come incide sul benessere individuale e relazionale, oltre che sulle ricadute rispetto agli altri ambiti di vita. Oltre tre quarti del campione complessivo concorda nel sostenere che l’istruzione scolastica serve in primo luogo ad attrezzare la persona, accrescendone le abilità e le conoscenze (80,5%), promuovendo la capacità di ragionamento (75,9%) e di stare con gli altri (75,3%). Sei intervistati su dieci sono convinti che l’istruzione sia anche una risorsa utile per affrontare la vita (60,5%).
Certamente il RG2017 attesta come il percorso formativo sia determinante sulla carriera lavorativa, sia sulle pratiche di partecipazione sociale e politica. In tale contesto il 31% dei giovani con licenza media o titolo inferiore e il 31,6% dei qualificati ha dichiarato di aver svolto volontariato, la percentuale sale al 41,4% tra coloro che hanno concluso gli studi con il diploma di scuola superiore e al 51,7% nei laureati . Invece per quanto riguarda la partecipazione ad attività di pressione pubblica (petizioni, raccolte firme, manifestazioni di piazza, campagne di sensibilizzazione sui social network, etc…) il 61 % degli intervistati con la laurea ha dichiarato di avere preso parte, contro il 49,7% di quelli con licenza media o inferiore.
Una crescente attenzione viene, inoltre, assegnata alle soft (o life) skills, le cosiddette competenze traversali, in grado non solo di aumentare l’occupabilità, ma soprattutto di trasformare il sapere tecnico in partecipazione di successo ai processi innovativi. I dati del Rapporto giovani mostrano come la consapevolezza di aver maturato tali competenze sia sensibilmente maggiore tra i laureati (63%) rispetto a chi ha avuto percorsi di formazione più breve: diplomati 55%, licenza media 50%, qualifica professionale 47%.
Il RG2017 punta l’attenzione in particolare su due tappe cruciali del processo di transizione alla vita adulta: l’autonomia dai genitori e la formazione di una propria famiglia. I dati mostrano come rispetto ad aspettative e progettualità i giovani italiani non si distinguano in modo rilevante rispetto ai coetanei degli altri paesi europei, mentre più ampio che altrove è il divario tra ciò che vorrebbero fare e quello che riescono effettivamente a realizzare. Lavoro e situazione economica rappresentano, infatti, per oltre il 70% degli intervistati un elemento che ha pesato abbastanza o molto nell’impedire l’uscita dalla casa dei genitori. A conferma dell’importanza dei fattori oggettivi, la categoria più penalizzata risulta, come era logico attendersi, quella dei Neet, per la quale lavoro e congiuntura economica sono stati ostacoli rilevanti in più dell’80% dei casi (83% per il lavoro, 84,6% per la situazione economica).
Proprio a loro viene dedicata un’attenzione particolare dal RG2017 dal quale emerge come al «non» studio e lavoro tendono ad associarsi anche altri «non» sul versante delle scelte di autonomia, di formazione di una famiglia, di partecipazione civica, di piena cittadinanza. Dal quadro si evidenzia un profilo di Neet con caratteristiche e comportamenti ben identificabili attraverso le attività svolte sui social network, sia sul versante delle preferenze e dell’uso come intrattenimento sia – anche se in modo minoritario – sulla ricerca di informazioni legate al lavoro e utili per uscire dalla condizione di «stallo e inattività». Ad esempio il 50% dei Neet passa almeno un’ora su Facebook e poco meno del 20% addirittura più di tre ore.
Il RG2017 esplora anche l’atteggiamento delle nuove generazioni verso il confronto tra culture e la possibilità di un destino comune senza confini. Quello che emerge è il ritratto di una generazione che non vorrebbe chiudersi, ma aprirsi al futuro e al mondo con un’Europa politicamente più forte verso l’esterno e socialmente più solida all’interno. Ma anche consapevole delle difficoltà, disillusa nei confronti delle istituzioni, timorosa – soprattutto nelle sue componenti culturalmente e socialmente più fragili – di trovarsi abbandonata di fronte ai rischi di aperture e cambiamenti, senza poter davvero accedere a nuove opportunità. Basti pensare che il 70,8% dei giovani italiani lavorerebbe all’estero con una percentuale più elevata rispetto ai coetanei delle altre nazioni.
Il RG2017 attesta anche come i Millennials siano aperti alla sperimentazione di nuove forme di interazione sociale, di confronto orizzontale, di scambio e condivisione di informazione in rete, anche di partecipazione sociale e politica dal basso. Il 90,3 % dei giovani del campione dichiara di possedere un account su Facebook. Ad esso fa seguito, ma a significativa distanza Instagram rispetto al quale la percentuale di chi dichiara di avere un account attivo si ferma al 56,6%.
L’atteggiamento della maggioranza dei giovani non è comunque ingenuo, anche se è abbastanza diffusa l’esperienza di situazioni negative (come trovarsi vittime consapevoli o inconsapevoli di «bufale», trolling e hate speech). In tale ambito, i giovani che hanno dichiarato di avere avuto una esperienza diretta di trolling sono il 37,7% come «spettatore» della vicenda; il 13% come vittima e, infine, una quota minoritaria, ma comunque importante, pari al 9,3%, come responsabile.
Il RG2017 ci presenta anche un universo giovanile non scevro da comportamenti a rischio (come avere rapporti sessuali occasionali non protetti, il consumo di droghe, l’abuso di alcol), mettendoli in relazione con norme sociali, tipo di rapporto con i genitori e dimensione morale. I dati indicano che non si tratta di comportamenti nel complesso marginali, dato che quasi un intervistato su due dichiara di aver tenuto almeno una delle condotte a rischio negli ultimi dodici mesi; la frequenza è però spesso occasionale.
“Se vogliamo ancora sperare in un futuro migliore – spiega Alessandro Rosina, docente di demografia all’Università Cattolica di Milano e coordinatore del Rapporto Giovani – non dobbiamo considerare i giovani come i “perdenti” da proteggere in un mondo diverso dal passato, ma le risorse principali per contribuire a cambiare il mondo nella direzione auspicata.
“Di fronte alle grandi trasformazioni – aggiunge Rosina – demografiche, alle sfide poste dalla globalizzazione e dall’innovazione tecnologica – destinate a produrre un grande impatto sulle vite dei singoli, sull’organizzazione sociale, sulla crescita economica – è cruciale, anzi vitale, aiutare le nuove generazioni a produrre nuove mappe della realtà che muta e individuare i percorsi più promettenti per raggiungere obiettivi condivisi. Il rischio è altrimenti quello per i giovani di perdersi e per la collettività di impoverirsi e veder aumentare diseguaglianze generazionali e sociali.“