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L’ALLARME DALLA UIL LAZIO, “CON L’ESPULSIONI DI MASSA -19MLD DEL PIL REGIONALE E – 80 MILA IMPRESE”

Tunisian migrants wait for the arrival of boats at Lampedusa on March 27, 2011. Hundreds of Tunisians have been moved to a tent camp set up in southern Italy that could house up to 3,300 people, local officials said, as anger against the migrants rose among locals. AFP PHOTO / ALBERTO PIZZOLI (Photo credit should read ALBERTO PIZZOLI/AFP/Getty Images)
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Una contrazione del Pil regionale di 19 miliardi di euro (valore pari alla somma della ricchezza prodotta da Basilicata e Molise), la scomparsa di 80 mila realtà imprenditoriali (soprattutto di piccole dimensioni), 300 mila occupati in meno, un buco da un miliardo di euro nei conti della previdenza, 7 mila insegnanti in esubero e un tracollo del welfare per migliaia di nostri concittadini. Secondo uno studio della Uil del Lazio e l’istituto di ricerca Eures, è questo in sintesi lo scenario che ci troveremmo dinanzi, se dalla Regione Lazio, improvvisamente, fossero espulsi i 680 mila stranieri regolarmente residenti e si imponesse un blocco totale dei flussi migratori in entrata. Alla presentazione del dossier sull’immigrazione, presso la sede Uil regionale, sono intervenuti, tra gli altri, il segretario generale della Uil Lazio, Alberto Civica, il presidente dell’Eures, Fabio Piacenti e il presidente di Migrarti, Paolo Masini. La Uil del Lazio e l’istituto di ricerca Eures hanno ipotizzato una regione senza stranieri integrando le fonti ufficiali di Inps, Istat e Miur ai propri database per fornire “una risposta scientifica sulle ricadute economiche e sociali che un’eventuale ‘Italia agli italiani’ comporterebbe per il Lazio e la nazione”.
Dalla ricerca si evince, che la popolazione straniera nel Lazio ha registrato nell’ultimo quinquennio una crescita del 10,2 per cento, mentre quella italiana ha subito un calo dello 0,7 per cento. “Allontanare gli stranieri, comporterebbe – secondo lo studio – un immediato calo demografico e un conseguente invecchiamento della popolazione residente (gli over 65 tra gli stranieri rappresentano appena il 4,1 per cento, contro il 23,6 per cento dei coetanei italiani). Da ciò deriva, solo nella nostra regione, dove risiede il 15 per cento della popolazione straniera residente in Italia, un calo del 10 per cento del Pil, a fronte di un decremento nazionale pari all’8,9 per cento. Cui si aggiungerebbe una diminuzione del 12,9 per cento dell’occupazione con effetti devastanti soprattutto nei settori agricolo e domestico. La perdita del contributo straniero alla produzione agricola, la cui forza lavoro ‘ufficiale’ è rappresentata per il 40 per cento da migranti (ovvero 11 mila unità in termini assoluti, a cui si aggiunge la cospicua quota di sommerso che in questo settore è particolarmente alta, tale da raggiungere secondo le stime Istat il 70 per cento della forza lavoro complessiva), determinerebbe il taglio di circa 20 mila addetti, con inevitabili ripercussioni sul fronte della produzione e del commercio agroalimentare del territorio”. Ancora più pesanti sarebbero le ricadute nell’ambito del lavoro domestico e nel sistema dell’assistenza domiciliare privata, dal momento che gli stranieri rappresentano in questo settore circa l’83,9 per cento del totale degli addetti attualmente censiti dalle statistiche ufficiali (108 mila su un totale di 129 mila lavoratori, di cui 30 mila badanti e 78 mila collaboratrici domestiche). Sommando a tale risultato la quota relativa ai lavoratori non in regola (quasi 80 mila unità secondo le stime Istat, di cui circa 70 mila stranieri), “si tratterebbe – ha spiegato Uil Lazio – di un ‘esercito’ di circa 200 mila unità, la cui fuoriuscita dal mercato avrebbe ripercussioni drammatiche in termini di organizzazione familiare e possibilità di conciliazione lavoro/famiglia, in particolare modo per le donne. Basti pensare che nel nostro Paese solo il 10 per cento di anziani e persone non autosufficienti è assistito in strutture residenziali idonee”.

“Questo sarebbe soltanto l’inizio – ha commentato il segretario Civica – le conseguenze che un allontanamento degli immigrati o, per dirla in termini sindacali, un loro sciopero protratto causerebbe nell’immediato. Poiché negli anni ovviamente gli effetti sarebbero ancora più devastanti. Un Paese, una regione, senza stranieri, significherebbe una popolazione sempre più anziana cui però non potrebbero essere erogate le attuali pensioni. Significherebbe anche un calo nel mondo del commercio, un ulteriore impoverimento del welfare che, non avendo politiche adeguate, si regge spesso unicamente sull’aiuto degli stranieri nella gestione degli anziani ma anche dei nostri bambini. Oltre che un arretramento culturale e sociale di non poco conto. Non dimentichiamo che la multiculturalità, l’eterogeneità sono parte integrante della nostra storia di italiani ed europei. I gravi episodi di razzismo e xenofobia cui stiamo assistendo negli ultimi tempi non cancellano certo le nostre radici. Sono queste che dovrebbero guidare le nostre azioni e le azioni dei nostri politici, ai quali – ha sottolineato Civica -contiamo di inviare questo studio”. Lo studio fa notare anche che la ridotta presenza di anziani tra gli stranieri trova conferma anche nei dati relativi ai beneficiari delle pensioni: appena l’1 per cento degli assegni complessivamente erogati in Regione è destinato a cittadini di nazionalità straniera. In termini assoluti, si tratta di poco più di 17 mila assegni (l’anno di riferimento è il 2017), di cui 6,4 mila elargiti agli stranieri provenienti dai Paesi Comunitari di “recente ingresso” (lo 0,4 per cento del totale) e quasi 11 mila erogati agli extracomunitari (lo 0,8 per cento del totale).

“Poiché si tratta in genere di occupazioni meno qualificate rispetto a quelle svolte dagli italiani, – ha spiegato il presidente dell’Eures, Fabio Piacenti – la loro situazione retributiva è complessivamente più sfavorevole: circa 7,7 mila euro annui per uno straniero contro circa 12 mila euro per gli italiani, con un gap pensionistico pari a quasi 4 mila euro”. Ancora più indicativo il saldo contributivo/previdenziale della popolazione straniera e di quella italiana residente nel territorio regionale: i dati mostrano infatti come tra gli stranieri si registri un’eccedenza di 915 milioni di euro, a fronte di un saldo pari a -3,1 miliardi con riferimento alla popolazione italiana. Nello specifico quindi l’esborso Inps per le 17 mila pensioni degli stranieri è pari a 135 milioni di euro, mentre i contributi versati solo dai lavoratori dipendenti del comparto privato non agricolo (pari a 128 mila unità nell’ultimo anno) ammonta a oltre mezzo miliardo di euro. I contributi versati dai nostri connazionali nelle casse dell’Inps raggiungono invece i 13,7 miliardi di euro, contro i 17,5 miliardi destinati alle pensioni dei circa 1,2 milioni di pensionati laziali. Ne risulta quindi un saldo contributivo/assistenziale completamente negativo, con un disavanzo pari a 3,1 miliardi di euro, solo in parte compensato dall’eccedenza registrata dalla popolazione straniera. Quindi, “allontanare tutti gli immigrati dalla nostra regione – per la Uil Lazio – significherebbe anche allontanare dalle scuole del Lazio i 64 mila studenti regolarmente iscritti (27,8 mila della scuola primaria, 16,2 mila delle scuole medie e 19,9 mila delle superiori). Ciò comporterebbe un esubero immediato di circa 6.800 docenti, con inevitabili ripercussioni per l’occupazione dell’intero settore”. Infine, dallo studio emerge che anche i matrimoni nella nostra regione subirebbero un tracollo, “perché se tra i connazionali il convolare a nozze ha subito un’importante flessione negli ultimi anni, ciò non è valido per la componente straniera della popolazione, che ha fatto registrare un incremento del 10,9 per cento nell’ultimo quinquennio (+333 celebrazioni in termini assoluti) e un aumento del 39,2 per cento nell’ultimo anno (+952 matrimoni)”.

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