LA FATICA DELLA LIBERTA’ ARTISTICA
Quanti soggetti producono i tre quarti della musica mondiale? Che lo chieda durante le lezioni all’Università di Firenze o in occasione di una conferenza, la risposta più diffusa è “più o meno 100”. Questa percezione è però molto lontana dalla realtà, poiché i soggetti che producono il 75% della musica mondiale sono 3: Universal Music Group, Sony Music Entertainment e Warner Music Group.
Nel mondo dell’informazione, la concentrazione è ancora meno percepita perché pochi sanno che 4 agenzie di stampa producono circa il 90% delle notizie mondiali: Associated Press, United Press, Reuters e France Press, che insieme battono oltre 20 milioni di parole al giorno, mentre la Panafrican Agency (PANA), che rappresenta le agenzie africane, ne batte circa 200mila, l’1% in termini assoluti; in termini relativi, le 4 majors battono ogni giorno 45.000 parole per milione di abitanti dei loro Paesi contro le 180 che batte la PANA, la cui quota precipita allo 0,4%.
Basta dunque che una major del disco si metta d’accordo con una o due majors dell’informazione affinché si dica, per mesi e mesi e con milioni di parole, che, ad esempio, una certa artista americana è la novità del momento, che dopo averla sentita nulla sarà più come prima, che è scandalosamente bella senza quel pezzo del già minuscolo vestito: a furia di dirlo, ci si crede davvero. E l’Africa, che notoriamente è terra-madre della musica, resta a guardare fuori dai grandi giri: eppure, senza la cosiddetta black music, non esisterebbero Blues, Gospel, R&B e Rock; non esisterebbero Salsa, Caribbean e Latino; non me ne vogliano i puristi se esagero un po’, ma senza l’Africa e tolta la Classica, qui in Occidente andremmo avanti a Country e Liscio.
Stando così le cose, abbiamo il dovere morale di cercare con intelligenza fuori dai grandi circuiti, dove si incontra non solo la musica africana, ma una miriade di piccole ma preziosissime produzioni e autoproduzioni che la Rete ci aiuta a conoscere ed apprezzare; e come primo passo, iniziamo a non dare il nostro consenso ad un prodotto musicale solo perché è sulla bocca di tutti, passa per radio, internet, televisione o ne parlano i giornali, ma diamo il nostro placet quando aiuta, sostiene e consola la nostra vita, quando supporta quei valori in cui crediamo e che illuminano le azioni di tutti i giorni. Così la musica potrà ancora aprire spazi di libertà, da conservare gelosamente, anche se con fatica.
Marco Brusati
Direttore di Hope – Formazione Spettacoli ed Eventi al servizio della Chiesa