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INTERSOS, UN ANNO SPESO AL FIANCO DEI PIÙ FRAGILI DELLA CAPITALE

Un anno fa in Italia è scattato l’allarme Covid-19 e ha avuto inizio un lungo periodo di lockdown. Ma chi ha pensato all’assistenza e al monitoraggio sanitario di tutte quelle persone che non hanno una casa o che vivono in edifici con servizi igienici non adeguati. L’organizzazione umanitaria Intersos, che già da nove anni in Italia porta avanti interventi socio-sanitari rivolti ai soggetti più deboli e marginalizzati, a marzo dello scorso anno, con l’arrivo della pandemia, ha potenziato le proprie attività con l’obiettivo di supportare il sistema sanitario pubblico.

A Roma, in particolare, l’ambulatorio popolare presente nel centro Intersos24, a Torre Spaccata, è stato riconvertito su strada ed è andato a potenziare le attività del team di medici, mediatori e psicologi, attivo già dal 2016 in partenariato con Unicef, a bordo di un’unità mobile. Le attività si sono concentrate tutte sulla prevenzione dal Covid-19 offrendo visite mediche e sessioni informative davanti alle stazioni Termini e Tiburtina e in diversi edifici occupati di Roma. Oltre alle visite mediche e al monitoraggio dei casi a rischio, sono stati distribuiti kit con materiale igienico.

Dall’inizio dell’intervento ad oggi, i team mobili a Roma hanno incontrato e supportato attraverso visite mediche, volte a individuare sintomi Covid19, 1.607 persone e coinvolto in sessioni di educazione sanitaria 1.446 persone. “Grazie alla nostra presenza costante sul territorio, alla composizione multidisciplinare dei team e a un approccio transculturale, siamo riusciti a instaurare rapporti di fiducia con persone a cui sarebbe altrimenti negato il diritto alla salute per via di barriere burocratiche, culturali, linguistiche e talvolta banalmente pratiche”, spiega in una nota Alessandro Verona, referente medico di Intersos.

“Questo è stato fondamentale in un momento di emergenza sanitaria perché ci ha permesso di effettuare una sorveglianza sanitaria su una fascia di popolazione che non sarebbe altrimenti stata raggiunta dalle autorità sanitarie. Il nostro ruolo è stato proprio quello di fare da ponte tra le istituzioni sanitarie e le comunità, avviando un dialogo diretto tra queste due realtà. Un ottimo esempio di questo lavoro di mediazione sono le attività che abbiamo svolto nelle occupazioni abitative a Roma, in cui abbiamo formato dei referenti sanitari direttamente all’interno delle comunità. Questo ha consentito di creare un filo diretto tra i referenti e la ASL di riferimento, che adesso interagiscono autonomamente e collaborano nella gestione di eventuali casi positivi”.

“Oltre al rapporto diretto con le comunità anche l’interlocuzione con le istituzioni ha dato grandi risultati”, spiega ancora Alessandro Verona. “A Roma, invece, abbiamo sottoscritto diversi Protocolli con il Comune, uno in particolare che ha permesso riattivare in sicurezza le accoglienze nella Capitale, rimaste bloccate per diversi mesi a causa dell’emergenza sanitaria”.

Grazie alla collaborazione di Intersos con il Dipartimento delle Politiche sociali del Comune di Roma e la Asl Roma 2 (Dipartimento di Prevenzione e Uoc Tutela immigrati e stranieri) è stato istituito a luglio 2020 un Centro Ponte, Barzilai, per la quarantena di persone candidate all’accoglienza in Sai/ex Siproimi. Nel rispetto della tutela della salute degli ospiti e degli operatori, era infatti necessaria l’istituzione di un centro intermedio, ossia un luogo sicuro dotato di camere singole e servizi privati in cui poter attendere i giorni necessari a garantire un ingresso in sicurezza nel servizio di accoglienza, dopo aver effettuato un tampone naso-faringeo in ingresso e in uscita. Intersos garantisce in questa struttura lo screening medico, affiancato da altre attività come l’orientamento ai servizi.

L’istituzione di questo centro ponte ha di fatto permesso ad agosto la riapertura in sicurezza delle accoglienze di uomini e donne titolari di protezione, altrimenti sospese per mancanza di procedure di prevenzione. Altro elemento fondamentale è stata l’istituzione di una struttura dedicata all’inserimento di donne sole o nuclei familiari in attesa di tampone o che necessitano di un posto protetto per la quarantena o l’ isolamento fiduciario in vista di un successivo inserimento nel circuito della rete di accoglienza. Tale Centro Ponte, “Casa Bakhita”, è stato attivato a Gennaio 2021, sempre attraverso il protocollo fra Dipartimento Politiche Sociali del Comune di Roma e l’Asl Roma 2.

“Possiamo dire che in questo anno abbiamo creato un modello di medicina territoriale che può essere portato avanti anche oltre l’emergenza”, conclude il referente medico di Intersos.

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