IN PIAZZA I LAVORATORI DELLA CULTURA: “IL PAESE HA BISOGNO DEL PANE MA ANCHE DELLE ROSE”

Un tavolo per i lavoratori della cultura e dello spettacolo al Mibac e investimenti di settore nell’ambito del Recovery plan. “L’Italia ha bisogno del pane ma anche delle rose”, lo slogan rievocato dalla piazza in protesta convocata dai sindacati Cgil, Cisl e Uil.
Cartelloni, tanti, ma anche mascherine con la scritta “Non uccidete l’arte”, hanno riempito il piazzale antistante al Teatro dell’Opera di Roma. “Questo è un settore in cui i lavoratori, molti precari o a nero, vanno protetti. C’è un problema di sostegni e indennità, ma anche la necessità di riaprire le attività culturali e i luoghi dello spettacolo nel rispetto delle norme di sicurezza sanitaria – ha detto il segretario generale della Cgil Maurizio Landini -. C’è bisogno di investimenti e serve un piano di investimento straordinario sulla cultura e sullo spettacolo. Vanno definiti, così come si fa in sanità, i livelli essenziali della cultura. Vuol dire che in ogni territorio, Comune e Regione, devono essere garantiti i servizi culturali e di spettacolo. Il Recovery deve essere indirizzato in tal senso. Su questo – ha concluso – chiederemo di essere ascoltati dal ministro con cui si era già aperta una discussione in passato”.
La protesta si è aperta sulle note dell’inno d’Italia intonate dal coro del Teatro dell’Opera tra cartelli bianchi con scritte nere su cui si leggeva: “Non è tutta colpa del Covid”. Il settore infatti sconta un alto numero di operatori e artisti che esercitano nel precariato e senza tutele contrattuali. “C’è anche un problema di come si rifinanzia il Fus – ha sottolineato Landini – e di come si estendono quelle coperture anche a chi non ce le ha”. “In questo settore abbiamo troppi lavoratori che non hanno alcuna copertura, o che ce l’hanno ma non è adeguata – ha aggiunto la segretaria della Cisl Annamaria Furlan -. È un anno che questi lavoratori sono praticamente fermi, e parliamo di un settore che rappresenta l’immagine dell’Italia nel mondo – ha detto -. È un settore intrecciato al sistema del turismo. Ci chiediamo perché questo tempo non è stato investito per mettere i cinema e i teatri a norma, creando le condizioni perché potessero riaprire”. Furlan ha poi evocato il “vecchio canto delle lavoratrici tessili che diceva vogliamo il pane e anche le rose, ci vuole il reddito ma anche la cultura intesa come pane quotidiano per l’anima”.