IL TAR DEL LAZIO ANNULLA IL DECRETO SUL PIANO DELLA TRANSIZIONE ECOLOGICA
È stato annullato dal Tar del Lazio il decreto con il quale il Ministero della Transizione ecologica a fine dicembre 2021 ha approvato il “Piano per la transizione ecologica sostenibile delle aree idonee (PiTESAI)” con particolare riferimento a quanto d’interesse di Eni ed Enimed.
La decisione è contenuta in 4 Identiche sentenze pubblicate nell’ambito di ricorsi proposti con riferimento anche alle aree di attività svolta nel canale di Sicilia, in Val d’Agri e nella Serra San Bernardo.
Il Piano in questione è finalizzato alla delimitazione delle aree “idonee” all’esercizio delle attività di prospezione, ricerca e coltivazione degli idrocarburi all’interno del territorio nazionale.
Il Tar ha considerato fondato il motivo di ricorso con cui le società ricorrenti hanno lamentato la violazione delle garanzie partecipative nella fase della valutazione ambientale strategica e le carenze istruttorie e motivazionali che ne hanno caratterizzato la procedura di redazione e di approvazione. In primo luogo, infatti, ha ritenuto fondata la censura con cui è stato dedotto che la proposta di Piano non conteneva molti dei ‘vincoli’ riportati nella specifica tabella di riferimento “i quali, all’epoca della pubblicazione della proposta, risultavano ancora in fase di definizione”; circostanza, questa, che evidenzia che le osservazioni alla proposta di Piano sono state formulate “sulla base di risultanze istruttorie incomplete” e “siffatta carenza non può trovare giustificazione nella ‘dinamicità’ del Piano”.
Il Tar ha poi accolto anche la censura con cui è stato dedotto che, nella fase conclusiva della VAS, non sono stati valutati i contributi pervenuti nel corso della consultazione, con particolare riferimento a quello di Assorisorse; cosa questa che insieme ad altre ha portato a ritenere fondato il motivo di eccesso di potere per incompletezza dell’istruttoria.
Ulteriore punto importante, secondo i giudici è la fondatezza della censura con cui sono state contestate le modalità con le quali il Ministero è pervenuto all’individuazione delle ‘aree idonee all’esercizio dell’attività mineraria’. Per il Tar il Ministero avrebbe dovuto individuarle “sulla base di una preventiva valutazione sito-specifica delle singole situazioni, ed invece ha proceduto ad una individuazione di tipo residuale, applicando, sul territorio interessato dal Piano, una serie di ‘fattori escludenti’ prestabiliti in via generale, astratta e trasversale, talvolta neppure compiutamente graficizzati nel piano medesimo”.