IL MEGLIO IN EDICOLA DI VENERDI’ 3 APRILE 2015
Gabrielli, prime sfide Subito la Via Crucis, poi Roma-Napoli (Rinaldo Frignani)
Si comincia stasera, si continua domani. La Via Crucis al Colosseo e ai Fori Imperiali, poi la delicata sfida all’Olimpico fra Roma e Napoli, un anno dopo il dramma di Ciro Esposito. E domenica la Messa pasquale di Papa Francesco a San Pietro. Tre eventi nei quali si mischiano ordine pubblico e sicurezza antiterrorismo che il neo prefetto Franco Gabrielli si ritroverà ad affrontare subito, appena 24 ore dopo essere stato nominato dal Consiglio dei ministri.
Una decisione presa su proposta del responsabile del Viminale Angelino Alfano ma con l’appoggio del premier Matteo Renzi. Gabrielli, ex capo della Protezione civile dopo aver guidato i Servizi segreti e prima ancora l’Antiterrorismo e la Digos della Capitale, viene considerato l’uomo migliore in un anno difficile: quello del Giubileo straordinario che inizierà il prossimo 8 dicembre, con l’arrivo di milioni di pellegrini, ma anche le continue minacce degli estremisti dell’Isis.
Ma il neo prefetto arriva anche in un momento molto delicato per la città: quelli del post-Mafia Capitale – in attesa degli sviluppi dell’indagine -, della corruzione, dei conflitti sociali, della criminalità organizzata e di quella di strada. Le emergenze nella Capitale non mancano di certo: rifiuti, decoro, sfratti, cortei, ordine pubblico.
«La sua nomina è una bella notizia, prima di tutto per la città – è stato il commento del sindaco Ignazio Marino -. Gabrielli possiede quel dono della concretezza che chi, come me, è abituato a lavorare sulla realtà quotidiana apprezza grandemente». Oggi il prefetto e il sindaco si incontreranno in Campidoglio «per un primo scambio sulle principali esigenze strategiche della Capitale. Penso, solo per fare un esempio, quanto sarà importante avere Franco Gabrielli al nostro fianco mentre la città si prepara all’Anno Santo straordinario. Penso alle sfide come la candidatura olimpica». […]
Improta contro il Tar: «Non può impedire le nostre innovazioni» (S. Can.)
Prima di iniziare ad attaccare a testa bassa il Tar, Guido Improta si concede una battuta sullo scivolone dell’altro giorno quando è caduto il numero legale: «Ce l’abbiamo fatta», scherza l’assessore, poi parte con l’illustrazione all’Aula – presente anche il sindaco Ignazio Marino – del Pgtu, il piano del traffico, «nato da un’indagine telefonica su 1.500 romani, che ci chiedono di potersi muovere in maniera sicura e con i mezzi pubblici». Ma c’è da superare l’ostacolo del tribunale amministrativo del Lazio, diventato la bestia nera della giunta Marino dopo la raffica di no su aumenti delle rette degli asili nido, strisce blu, pass Ztl e traffico degli Ncc.
Improta mostra i muscoli: «Il Tar può annullare tutte le delibere che ritiene opportuno annullare, ma non potrà impedirci di proporre e, se l’Assemblea capitolina lo vorrà, di realizzare quei cambiamenti necessari affinché le abitudini e i comportamenti connessi alla mobilità siano coerenti con la nostra visione di Roma e del suo futuro». Insomma, lo scontro tra poteri è servito, ma allo stesso tempo c’è anche una questione politica e personale. Roma aspetta questo piano da 15 anni e ora viene presentato da un assessore finito sulla graticola – «ingiustamente», aggiunge Marino – per l’inchiesta sulla linea C. Tanto che l’opposizione, il M5S, gli ha anche presentato una mozione di sfiducia. Improta lo sa e fa capire che sul Pgtu ci mette la faccia: «Dopo i recenti accadimenti, questa giornata assume una grande valenza politica – ammette – è su questo documento che l’assemblea capitolina dovrà confermare o meno la scelta che il sindaco ha compiuto nel giugno 2013 indicandomi come assessore».
La riforma della mobilità urbana poggia su alcuni capisaldi imprescindibili: la riduzione del traffico veicolare privato (anche attraverso gli aumenti delle tariffe che saranno riproposti), l’incremento del trasporto pubblico su gomma e su ferro con la chiusura dell’anello ferroviario custodito da varchi elettronici con accessi garantiti dai bonus mobilità sul modello ecopass di Milano. «Stiamo lavorando in maniera molto proficua con il gruppo FS e la Regione affinché si arrivi ad un modello integrato per l’esercizio. Il nuovo modello di esercizio prevederà che le otto ferrovie regionali abbiano un cadenzamento da servizio metropolitano». La prova generale in vista del Giubileo: con la creazione di isole ambientali e di itinerari pedonali protetti. […]
“Svolta nella Sanità, via 684 primariati” (Mauro Favale – Carlo Picozza)
Il Papa lava e bacia i piedi a 12 detenuti (Francesco Puglisi)
Papa Francesco si è recato nel carcere romano di Rebibbia per le celebrazioni pasquali del giovedì Santo. Ad accoglierlo il cardinale vicario di Roma Agostino Vallini, cappellani del carcere don Pier Sandro Spriano, don Roberto Guernieri, padre Moreno Versolato e don Antonio Vesciarelli. Il Santo Padre è entrato poi in processione nella chiesa «Padre Nostro» del carcere per celebrare la messa. Entrando, è stato subito circondato dall’affetto dei detenuti presenti, che lo hanno avvicinato per salutarlo, toccarlo, stringergli le mani. Concelebrano con il Papa, tra gli altri, il cardinale vicario di Roma, Agostino Vallini, e l’arcivescovo Angelo Becciu, sostituto presso la Segreteria di Stato.
Il polo penitenziario di Rebibbia ospita circa 2.100 detenuti, di cui 350 donne. Francesco è il terzo Papa che si reca in visita al carcere di Rebibbia, dopo Giovanni Paolo II il 27 dicembre 1983 (quando ebbe un colloquio con il suo attentatore Alì Agca) e Benedetto XVI il 18 dicembre 2011.
Francesco durante la messa del Giovedì Santo, si china a lavare, asciugare e baciare i piedi a dodici detenuti, sei uomini e sei donne, per metà stranieri. Tra loro due nigeriane, una congolese, un’ecuadoregna, un brasiliano e un nigeriano. Gli altri sei, due donne e quattro uomini, sono italiani. «Anche io ho bisogno di essere lavato dal Signore: e per questo pregate, durante questa messa, perché il Signore lavi le mie sporcizie, perché io diventi più schiavo di voi, più schiavo nel servizio alla gente, come è stato Gesù». È quanto ha detto papa Francesco ai detenuti di Rebibbia nell’omelia della messa col rito della lavanda dei piedi.
La stanchezza dei sacerdoti! Sapete quante volte penso a questo: alla stanchezza di tutti voi? Ci penso molto e prego di frequente, specialmente quando ad essere stanco sono io”. Lo ha detto papa Francesco durante la messa del Crisma nella basilica di San Pietro, concelebrata con i cardinali i vescovi e i sacerdoti presenti a Roma. «Prego per voi che lavorate in mezzo al popolo fedele di Dio che vi è stato affidato, e molti in luoghi assai abbandonati e pericolosi», ha affermato il Pontefice. «E la nostra stanchezza, cari sacerdoti, è come l’incenso che sale silenziosamente al Cielo. La nostra stanchezza va dritta al cuore del Padre», ha proseguito. Secondo il Papa, «se il Signore pensa e si preoccupa tanto di come potrà aiutarci, è perché sa che il compito di ungere il popolo fedele è duro; ci porta alla stanchezza e alla fatica».