GIOVANI, PER L’86% DEI RAGAZZI INSULTARE NON E’ GRAVE
Bullismo e cyberbullismo non sono scherzi più o meno virtuali ma violenze perpetrate in maniera intenzionale, duratura e sistematica a danno delle medesime vittime, dove chi ha il potere fisico e virtuale, lo usa intenzionalmente per ledere il più debole. L’indagine sul cyberbullismo, attualmente in corso, coordinata dalla Anna Maria Giannini, del Dipartimento di Psicologia, Sapienza Università di Roma, è stata svolta con metodologia integrata: questionari self – report e Focus Group.
“La maggior parte delle ricerche sulle tematiche del bullismo e del cyber bullismo a livello nazionale ed internazionale sono svolte con questionari, nella nostra indagine abbiamo voluto compiere una esplorazione che potesse coinvolgere i ragazzi anche nel rapporto diretto con il Ricercatore, tipico dei focus group. I dati che emergono da 1500 ragazzi delle Scuole Secondarie di primo e secondo grado evidenziano un generale atteggiamento di sottovalutazione degli effetti dei comportamenti in rete“, ha dichiarato la stessa prof.ssa Anna Maria Giannini, intervenuta alla Conferenza stampa di presentazione dei primi risultati dell’indagini sul cyberbullismo dell’Università La Sapienza di Roma, dei dati della Polizia di Stato sulla repressione del fenomeno, del nuovo progetto “Giovani ambasciatori contro il bullismo e il cyberbullismo per un web sicuro”. La conferenza si è tenuta stamane presso il Ministro dell’Interno.
La particolarità della ricerca riguarda l’esplorazione del mondo di significati che si cela dietro alle condotte di aggressione e bullismo in rete. I dati emersi consentono di fare un passo avanti nella comprensione di quali motivi si celano dietro le condotte aggressive, quali spiegazioni l’aggressore o il bullo si dà per attenuare o escludere ogni personale responsabilità. “Abbiamo un largo numero di ragazzi che vanno da 14 anni ai 18. Abbiamo toccato 20 province, quindi un pò in tutta Italia, possiamo fare questa considerazione”.
Per quanto riguarda le differenze di genere “Noi abbiamo assistito ad un dato, che dice: più ci si avvicina ai 18 anni e più aumenta il fenomeno anche nelle ragazze”. Dai focus group emerge l’immagine di ragazzi molto poco consapevoli delle regole della rete, degli effetti di comportamenti aggressivi, dell’impatto sulla vittima, di quanti possono accedere e per quanto tempo a tali materiali. L’82% non considera grave insultare, ridicolarizzare o rivolgere frasi aggressive sui sociale. “Sembra che la frase aggressiva sia ritenuta parte di un modo di comunicare abituale e possibile specialmente in rete”.
L’86% ritiene che le conseguenze per la vittima non siano gravi e che, considerato che non si dà luogo a violenza fisica diretta, l’atto aggressivo verbale può essere considerato non grave e irrilevante. Il 76% dichiara che insulti o frasi aggressive riguardano soprattutto l’aspetto fisico, l’abbigliamento, i comportamenti.
“Sembra che il bersaglio di insulti, sarcasmo, ironia espressa con frasi pesanti sia soprattutto il comportamento divergente dalle attese del gruppo, l’isolamento, la adesione a regole rigide, l’assenza di coraggio, che terrebbe la vittima lontano dalle trasgessioni, o anche l’aspetto fisico; Le ragazze scelgono come bersaglio le coetanee non conformi a canoni di bellezza condivisi, non abbigliate secondo tendenze, dipendenti, regressive”. Il 71% dichiara che la vittima non avrà alcuna conseguenza dagli attacchi. “Si tratta di interazioni ritenute innocue, se la vittima ne resta colpita è perché è ‘debole’, di fatto frasi aggressive o insulti non produrrebbero alcun tipo di impatto traumatico. Il 68% dichiara che non è grave pubblicare immagini , senza autorizzazione, che ritraggono la vittima. Gli insulti, anche ripetuti o la pubblicazione di immagine lesive sono ritenuti leciti perché circoscritti ad un ristretto numero di persone che ne avrebbero accesso, inoltre frutto di aspetti di comunicazione limitati nel tempo e focalizzati”.
Inoltre, le condotte definite “da bambino”, non aderenti ad un modello di giovane “Smart” sono particolarmente ridicolazzite. “I meccanosmi dell’aggressione in rete evidenziano la particolare insistenza ed il compiacimento nell’esporre la vittima, accanto ad una assenza di empatia e di incapacità di percepire gli effetti: sembra che che il mondo virtuale si configuri come caratterizzato dalla possibilità di conferire liceità ad ogni comportamento. Il mondo virtuale sembra agire come una dimensione che consente qualsiasi azione perchè distante dal reale; il non aver avanti la vittima – spiega ancora la prof.ssa Giannini – facilita il ricorso ai cosiddetti ‘meccanismi di disimpegno morale’, cioè giustificazioni che l’aggressore costruisce per attenuare la propria responsabilità e conservare un’immagine positiva di se stesso. La posizione di chi invece ha ricevuto insulti o ha visto pubblicate immagini non autorizzate che lo o la ritraggono è quella di dichiarare di avere sviluppato fortissime emozioni di rabbia e risentimento, accanto a vergogna, imbarazzo, senso di impotenza. I primi dati raccolti – conclude la Professoressa – evidenziano la grande necessità di educazione al corretto uso della rete non soltanto da un punto di vista tecnico, ma anche da un punto di vista della regolazione effettiva ed emotiva”.