GIOVANI E SOCIAL NETWORK – ODI ET AMO
Le nuove generazioni usano in modo diffuso la rete e i social network e li considerano come parte integrante della propria realtà e vita sociale; proprio per questo il web è considerato un mezzo imprescindibile per acquisire informazioni e i social uno strumento utile per scambiare opinioni, confrontarsi, allargare conoscenze, raccontare di sé.
Il fatto che la rete, essere sempre connessi e al passo con i social network per i Millennials, la prima generazione socializzata con possibilità di connessione sempre e ovunque, non significa che il loro sia un uso incondizionato e acritico; difatti la grande maggioranza è a conoscenza di insidie 0e rischi anche se non sempre è pienamente consapevole della loro portata e delle implicazioni. Non è difficile diventare quindi vittima o spettatore passivo o complice più o meno involontario di situazioni spiacevoli e di pratiche corrosive; il fenomeno conosciuto “trolling” è uno dei casi più conosciuti e frequenti e, basandosi sull’anonimato, un utente prende in giro un altro utente con provocazioni gratuite, spesso infondate e altrettanto spesso protetto dall’anonimato di un account creato ad hoc.
E’ proprio a causa di fenomeno come il trolling che la maggiorparte delle persone che si affaccia al mondo social che finisce per considerarlo poco affidabile e a volte anche poco ospitale; in questo caso uno dei problemi è quello di non aver ancora trovato un deterrente o per lo meno una linea di comportante che fermi, o limiti, la diffusione e il ripetersi delle prese in giro. Ne consegue che in molti diventano più cauti e decidono di passare meno tempo sui social network, di “fidarsi” di meno e calano la loro produzione di contenuti sia propri che condivisi.
Visto quanto sono diventati importanti i social network sarebbe importante arrivare a sviluppare dei codici di comportamento, degli strumenti e strategie d’azioni che regolino questo mondo e la produzione di elementi negativi che, spesso, derivano nel bullismo o quantomeno creano problemi; proprio su questo tema l’ “Osservatorio Giovani” dell’Istituto Giuseppe Toniolo ci offre un’importante indagine di approfondimento, condotta sul tema “Diffusione, uso, insidie dei social network”, condotta a gennaio 2017 su un campione di 2182 persone, rappresentativo dei giovani italiani di età 20-34 anni.
La quasi totalità dei giovani tra i 20 e i 34 anni usa la rete, la grande maggioranza è presente sui social network. Tra questi, il 90,3 per cento ha un account su Facebook, segue Instagram con 56,6 per cento, Google+ con 53,9 per cento, Twitter 39,9 per cento. Rilevante è anche la presenza su LinkedIn, più orientato a profili professionali, che arriva al 22,4 per cento. Gli utenti di Pinterest arrivano al 20,4 e su Snapchat al 16,1 per cento (che sale al 27,4 per cento nella fascia più giovane del campione, gli under 22).
Passando alle trappole e insidie nell’uso dei social, è interessante valutare esperienze di “trolling” atteggiamenti verso i “troll” (persone che intralciano il normale svolgimento di una discussione inviando messaggi provocatori, irritanti, falsi o fuori tema con lo scopo di disturbare, provocare reazioni forti negli altri agendo sia sui profili di comuni utenti, che di personaggi pubblici o sulle pagine di aziende e brand conosciuti)
Il 37,7% degli intervistati ha avuto esperienza indiretta assistendo ad episodi di trolling sui propri contatti mentre l’esperienza diretta è dichiarata dal 13% degli intervistati ma è un dato altrettanto rilevante quello secondo il quale il 9,3% del campione ha dichiarato di esserne stato anche responsabile.
Come reagiscono le vittime? Le risposte più frequenti sono due: nel 60,8% dei casi la vittima ha rimosso il messaggio e autonomamente bloccato l’utente senza mettersi a replicare alla provocazione mentre il 51,2% ha provato a rispondere al messaggio sul proprio profilo in modo educato. C’è anche il dato, equivalente al 49,4% delle vittime, che ha dichiarato di aver risposto a modo o in maniera altrettanto aggressiva di fronte all’essere “trollato”; c’è anche un campione non trascurabile del 31,6% delle vittime che, non riuscendo a liberarsi dal troll, alla fine si è rivolto ad un legale.
Il 71,8% di tutti gli intervistati concorda nel ritenere che i troll e comportamenti aggressivi di questo tipo rendano i Social un ambiente altamente inaffidabile, però c’è un 28,2% che concorda poco o per nulla con tale affermazione e tende quindi a sottovalutare l’impatto o a considerare il trolling come un aspetto imprescindibile della rete per il suo carattere spesso satirico, irriverente, per molti considerato divertente tanto che il 34,8% degli intervistati concorda con l’idea che i troll agiscano in nome del diritto di libertà di espressione della rete.
«La difficoltà ad affrontare il fenomeno – afferma Alessandro Rosina, coordinatore dell’Indagine – in combinazione con l’idea che il web debba essere un luogo in cui esprimersi liberamente, porta molti ad accettare, pur senza necessariamente giustificare, alcuni comportamenti che minano la fiducia comune e la possibilità di relazione autentica in rete. Un aspetto ambiguo di queste esperienze negative – prosegue il professore – è che una parte di chi le subisce aumenta sensibilità e grado di attenzione, chiedendo maggiori strumenti per difendersi, mentre una parte minoritaria, ma non trascurabile, le accetta come “parte del gioco” e rischia di prestarsi più o meno inconsapevolmente a diventare complice della loro presenza endemica e diffusione».
Pietro Proietti