Fatti di Roma

FERRAGOSTO: A ROMA RIMANE LA SOLITUDINE

panchina


Oggi 15 agosto, ferragosto, per Roma si circola con molta tranquillità. Una città semi deserta lontana dalla frenesia quotidiana della metropoli.

Negozi chiusi almeno per un giorno, circolano poche macchine, qua e là qualcuno passeggia, chiacchera, discute sul risultato della partita di ieri sera.

Le porte delle chiese spalancate a festeggiare la festa dell’assunta.

A dare refrigerio a chi, giovane o anziano che sia non importa, rimasto da solo in città, si raccoglie in silenzio a pregare e meditare.

Ci sono i centri di accoglienza aperti, da chi il volontariato l’ha proprio dentro e non lo manda mai in vacanza, ad aiutare chi anche oggi purtroppo soffre e non sa come fare per sfangare un’altra giornata.

Un aumento del 4% di visitatori e turisti, che approfittando di musei e gallerie aperte per ferie, ammira l’arte di Roma.

Gustando il caffè seduto fuori al tavolino di un bar e sfogliando i giornali mi colpisce come tutti, almeno nelle pagine dedicate alle notizie della città, parlino ancora dell’adolescente suicida.

Certo è una morte che ha scosso un’intera città e fa ancora discutere.  A distanza, ormai, di una settimana i dubbi e le incertezze tra la gente comune sono tanti.

Gli investigatori, viceversa, sembrano ormai avere le idee chiare.

Dalla lettera testamento lasciata dal ragazzo, dal suo Pc, e dalle testimonianze delle sue amiche, una cosa sembra certa che non sia stato per un atto di bullismo, o di gogna da social, ma soltanto suicidio.

Ci si domanda allora perché un gesto così estremo sia fatto da chi, giovanissimo, dovrebbe aver dentro tanta voglia di vivere.

Forse per un peso troppo grosso da sopportare. Un fardello troppo grande per un adolescente fragile che cerca la sua strada. Per chi come lui, si sta formando un’identità ma quella che vorrebbe e diversa da quella che la società gli attribuisce.

Forse, allora, è stata proprio la solitudine, la vera causa di questa tragedia. La solitudine di un ragazzino che vive il disagio adolescenziale, la scoperta di se stesso, il confronto con i coetanei, il giudizio spietato della società.

Di lui che non ha la forza di esprimere un sentimento e che cerca di soffocare dentro, ma che invece lo divora. Di un sentirsi diverso da come tutti lo vorrebbero. Allora sceglie di tacere per non dare dispiacere.

Alla fine però è proprio la solitudine ad averla vinta su di lui. E’ la solitudine dei genitori che prima interpretano il silenzio col dovuto rispetto di chi sta crescendo e si affaccia alla vita.

E’ la solitudine di quegli stessi genitori che poi fanno i conti col rimorso di non aver saputo interpretare quel silenzio.

E’ la solitudine di una società che sempre più sorda alla realtà, trascina nella routine tutti senza il rispetto per le persone. Perché la solitudine non prenda il sopravvento su ognuno di noi, per non isolarci tra la gente, apriamoci all’altro senza paura.

E’ proprio con questo messaggio di papa Francesco, indipendentemente se credenti oppure no, dobbiamo ripartire come persone, come famiglie, come comunità per non farci rubare la speranza nella vita.

Alfonso Benevento

 

 

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