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DA CONFINDUSTRIA L’APPELLO A “NON GIOCARE CON LA CAPITALE, IN BALLO L’INTERO PAESE”

Piazza del Campidoglio, Monti, Roma, Lazio, Italia
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Sono il sale del calcio, e lo sa bene: ma i derby nel governo sulla pelle di Roma proprio non vanno giù a Maurizio Stirpe, patron del Frosinone, leader nel settore dell’automotive e soprattutto vicepresidente di Confindustria. Tanto che ammette in una intervista a “Il Messaggero” di aver assistito – “perplesso e preoccupato” – al balletto sulla gestione del debito della Capitale, un pasticcio che si lega alle spine dell’Autonomia differenziata, altra spada di Damocle sulla Città eterna. Il ragionamento di Stirpe è arioso e alla fine poggia su un’amara considerazione: la mancanza di elementi unificanti in un Paese che indossa le sciarpe da tifosi per qualsiasi cosa: dal riconoscimento dell’importanza della Capitale al 25 Aprile. Alla fine nel decreto Crescita non c’è il Salva-Roma. Stirpe pensa che le intenzioni e il metodo adottato dal Comune di Roma su questo argomento siano stati condivisibili. “Diminuire il costo del debito storico del Campidoglio con una rinegoziazione dei mutui con le banche, abbassando le addizionali Irpef erano una mossa apprezzabile. Purtroppo da quanto ho letto e saputo la vicenda si è inserita in un dibattito molto più largo all’interno dell’esecutivo”.

“Roma, la Capitale, – continua – non ha abbastanza risorse per il ruolo che le funzioni che svolge in un Paese moderno come il nostro. D’altronde basta fare un confronto con le buone pratiche degli altri Stati. Mi duole dirlo ma è una discussione pretestuosa. Gli altri Comuni – chiede il vicepresidente – devono potere rinegoziare i debiti? Certo che sì, ma non si possono fare paragoni con Roma dove c’è, unico caso in Italia, una gestione commissariale”. La posizione così intransigente di Salvini su Roma nonostante le ambizioni della Lega sul Campidoglio sembra al vicepresidente un controsenso. Non vuole tuttavia entrare nell’opportunità politica di queste scelte e si limita a registrare la situazione. “Spero che il Parlamento possa sbloccare e modificare il provvedimento affinché si arrivi a una gestione ordinaria del debito capitolino. Mescolare la Capitale con le altre città, questo voglio ribadirlo, non è corretto. Stiamo parlando della vetrina del Paese e del ruolo che le va riconosciuto”. “Dall’inizio della crisi economica del 2008, – spiega – la nostra Capitale sta perdendo peso politico ed economico e purtroppo non c’è un ceto dirigente in grado di rappresentarla. In questo scenario assistiamo ormai da dieci anni a un progressivo depauperamento del tessuto sociale ed economico. Se Roma non riesce più ad aggregare e a raccogliere istanze dall’esterno ne risente tutto il Paese”. Stirpe è ancora preoccupato per gli effetti dell’autonomia differenziata.

“Spero che sulla pelle di Roma non si faccia il classico gioco a somma zero. Il ragionamento sull’autonomia o viene fatto su tutti i territori d’Italia o altrimenti i provvedimenti a geometrie variabili che creano diseguaglianze non vanno bene. In questo momento già facciamo una fatica dannata per tenere insieme i pezzi del Paese, se in una situazione del genere accendiamo anche una miccia che spacca l’Italia è la fine. In questi momenti provo nostalgia. Degli Anni ’50 e ’60, quando c’era un concetto di coesione diverso in grado di spingere gli investimenti nel pubblico e nel privato”. Insomma, nel 2019 Roma non è ancora un fattore unificante dell’Italia. “No. Ma purtroppo ogni volta che c’è una crisi economica riemergono queste prese di posizioni territoriali con annessi i dubbi sul ruolo di Roma all’interno del Paese”, ha concluso Stirpe.

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