CULTURA: “LUNEDI’ DELLA POESIA A REBIBBIA”
“Lunedì della poesia a Rebibbia”, perché il tempo dietro le sbarre è infinito e l’assenza di stimoli non aiuta a comprendere gli errori commessi se non si hanno strumenti adeguati, quelli dati dalla cultura e dalla capacità di riflessione.
Da questi presupposti è partita la casa editrice Pagine per dare vita ad un’attività formativa socialmente utile al reinserimento nella società e nel mondo del lavoro delle detenute del carcere romano: un corso di poesia, letteratura e giornalismo.
Dopo i successi pluriennali ottenuti nella sezione maschile, quest’anno l’iniziativa si è svolta nella sezione femminile, grazie alla sensibilità della direttrice Ida Del Grosso e al supporto dell’area educativa e della Polizia penitenziaria della Casa Circondariale.
Oltre 20 detenute di tutte le età, le etnie e grado di istruzione, indipendentemente dal reato commesso (escludendo i reati di mafia e camorra) hanno seguito lezioni di dizione, lettura e spiegazione della poesia, composizione e giornalismo con grande entusiasmo, perchè, afferma la docente di letteratura interna al carcere Antonella Cristofaro “ la poesia è un linguaggio universale che accomuna, è una situazione ricca di comunicazione che va oltre la lingua stessa”.
Così sono stati letti Ungaretti, Montale e Neruda ma ogni detenuta è stata anche chiamata a dare il proprio contributo declamando versi di poeti del paese di appartenenza, sotto la supervisione di docenti esterni (il critico P. Perilli e la scrittrice N. Maroccolo) e dei giornalisti Fabio Torriero e Giuseppe Sanzotta.
Luciano Lucarini, editore ed ideatore dell’iniziativa, ha voluto coronare la chiusura del corso con la presentazione del libro “Aspetto l’attesa e spero la speranza” contenente una selezione delle poesie più intense del 900 ma soprattutto le migliori poesie delle recluse, che hanno saputo sfruttare la nobile arte dello scrivere per esprimere i disagi della vita carceraria ma anche i nuovi vissuti personali emersi e rielaborati attraverso lo studio.
Scontare una pena senza capire il profondo significato dell’errore commesso spesso porta a reiterare l’atto: uno dei protagonisti del film dei fratelli Taviani “Cesare deve morire” girato proprio a Rebibbia diceva ”Da quando ho conosciuto la cultura questo carcere è una prigione”, e riflessioni del genere costituiscono la migliore prevenzione sociale in un Paese civile.
Daniela Pieri