Sociale

CON LA SECONDA ONDATA DI COVID CRESCE LA CASSA INTEGRAZIONE NEL LAZIO

Nel Lazio la cassa integrazione è tornata a crescere e la Cgil di Roma e del Lazio lancia un allarme alle istituzioni. “La crescita della curva epidemiologica – si legge in una nota del sindacato -, ha riportato la cassa integrazione a livelli di ore simili al mese di giugno, innescando di nuovo la spirale della crisi e dell’incertezza. La somma del totale delle ore autorizzate nel mese di ottobre si attesta a 20.778.745. Nel mese di giugno erano poco più di 24 milioni, cifra scesa nel mese di settembre a poco più di 14 milioni. Nello specifico aumentano tutte le tipologie di cassa integrazione: quella ordinaria sale ai 9.649.288 di ore rispetto ai 5.317.481 del mese precedente; quella straordinaria, che non può essere utilizzata con la causale Covid, sale anch’essa e arriva a oltre un milione di ore; quella in deroga, i cui destinatari sono per circa il 93% lavoratrici e lavoratori di imprese con meno di 6 dipendenti, supera i 10 milioni di ore (10.125.036) contro gli 8 milioni del mese precedente. La stessa impennata riguarda il Fondo di Integrazione Salariale, un ammortizzatore simile alla cassa integrazione destinato per lo più ai servizi. Le ore autorizzate di Fis – continua la Cgil di Roma e del Lazio -, infatti, risalgono a 19.600.979, aumentando di oltre 5 milioni di ore rispetto il mese precedente. Nel mese di giugno erano 20.832.325″.

la Cgil di Roma e del Lazio sottolinea che “l’incremento delle ore degli ammortizzatori sociali sono il segnale del livello della crisi per più motivi: prolungando la cassa integrazione aumenta proporzionalmente l’incertezza sul futuro dell’azienda, tanto più per le aziende piccole (cassa in deroga); la cassa integrazione, a causa dei tetti, impoverisce il lavoratore e dunque anche l’economia del territorio; aumenta l’incertezza sul futuro nella percezione delle persone innescando anche problemi sociali; aumenta infine il rischio della crescita dell’usura. A ciò si aggiungono i tanti contratti che non sono stati stipulati rispetto agli anni precedenti. Secondo i dati del primo semestre il divario rispetto alla media degli anni precedenti si attesta a: -19766 contratti a tempo indeterminato; – 112702 contratti a termine; -6748 contratti di apprendistato; – 6732 contratti stagionali; -14413 contratti di somministrazione. Il blocco dei licenziamenti, provvedimento indispensabile in questo contesto, non ha impedito il mancato rinnovo dei contratti a termine e la forte riduzione delle partite iva e più in generale della parasubordinazione. Sulla base di questi dati e per non essere travolti quando finirà il blocco dei licenziamenti, invitiamo il Comune di Roma e e la Regione Lazio a guardare come si sta trasformando il territorio. La pandemia non consente più a nessuno di continuare a fare esattamente quello che faceva, pensando che prima o poi l’emergenza passera’. Tutti siamo chiamati a fare qualcosa di più, a sperimentare soluzioni nuove, come ad esempio i territori a disoccupazione zero, che in Europa stanno dando buoni risultati. Insomma: non si dovranno riproporre i soliti provvedimenti che non hanno funzionato neanche prima della crisi sanitaria. Una classe dirigente si distingue perché – conclude la nota – in grado di capire che il livello delle sfide si è alzato, mostrando di esserne all’altezza”.

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