Dal Campidoglio

COMUNALI, ASTENSIONISMO PIAGA DILAGANTE

Roma italia


L’astensionismo sta diventando un problema sempre più grande quando gli italiani sono chiamati al voto e le percentuali non sembrano decelerare nel loro diminuire, dunque è probabile che dei 13,5 milioni di italiani chiamati al voto durante la prossima tornata del 5 giugno, una buona percentuale potrebbe rimanere a casa e decidere di non compiere nessuna scelta.

I dati qui riportati sono stati presi dal Censis che ha compiuto un’analisi di come potrebbe evolvere il voto a tra meno di un mese; si voterà in oltre 1300 comuni, con Bologna, Cagliari, Milano, Napoli, Roma, Torino e Trieste le città più rappresentative, c’è una tendenza che non si può non notare: difatti, alle ultime amministrative a Roma hanno votato 572.000 elettori in meno (-31,5% tra il 2001 e il 2013), 225.000 in meno a Milano (-25% tra il 2001 e il 2011), 166.000 in meno a Torino (-26,1% nello stesso periodo), 89.000 in meno a Napoli (-15,4% nello stesso periodo), 46.000 in meno a Bologna (-17,5% nel periodo 2004-2011), 20.000 in meno a Cagliari (-16,9% tra il 2001 e il 2011), 20.000 in meno a Trieste (-16,2% nello stesso periodo), un dato valido per gli italiani tutti, non solo i romani.

Dopo un periodo in cui gli italiani sono stati particolarmente attratti da partiti con front man e leader che hanno riattivato il moto elettorale ma ora si di nuovo l’astensionismo sta tornando a dilagare, grazie ad una disaffezione costante ma crescente da parte degli italiani contro i propri leader; a Roma si è passati da un’affluenza pari al 79,4% alle elezioni comunali del 2001 (primo turno) al 52,8% di votanti nel 2013 (con una differenza del tasso di partecipazione al voto pari a -26,6%). A Milano la crescita dell’astensionismo si misura in 14,7 punti percentuali in meno di votanti (sono scesi dall’82,3% del 2001 al 67,6% del 2011). A Torino c’è stato un crollo dall’82,6% al 66,5% tra il 2001 e il 2011, con una differenza di votanti pari a -16,0%. A Napoli si passa dal 68,2% (2001) al 60,3% (2011), cioè 7,8 punti percentuali in meno. A Bologna nel 2004 i votanti erano stati l’81,8%, ridotti al 71,4% nel 2011 (con un astensionismo cresciuto di 10,4 punti percentuali). A Cagliari i votanti sono diminuiti dal 79,1% del 2001 al 71,4% del 2011 (il 7,7% di astenuti in più). E a Trieste dal 64,2% al 56,7% (il 7,5% di votanti in meno nel periodo 2001-2011).

Dati importanti sono anche quelli sulle percezioni degli italiani, cioè per il 60% il proprio territorio è peggiorato, rimasto uguale il 26% e soltanto per il 13% la situazione è migliorata. Ovviamente questo dato non proviene esclusivamente da problematiche solo italiani, la crisi ha contribuito particolarmente al degrado e proprio per questo, il 69,5% degli italiani chiede principalmente serietà, credibilità e affidabilità al proprio candidato sindaco, ma non solo: per il 35% è importante la competenza amministrativa e gestionale, per il 14% esperienza extra politica, per un altro 14% conta la gioventù e l’intraprendenza, infine il contrasto tra un politico esperto e uno non, con la prima soluzione che prende un favore pari al 7% contro il 9% per la novità.

Data tutta questa enorme premessa, ora la domanda clou: chi li sceglierà questi “poveri” sindaci?

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