Fatti di Roma

AUTISMO: INSERIMENTO SOCIALE E SOSTEGNO SCOLASTICO SONO LA CURA MIGLIORE

autismo


Famiglie con figli autistici hanno denunciato che in  una ASL romana, presso il centro di neuropsichiatria infantile, viene consigliata la somministrazione di un farmaco anti psicotico a tutti i pazienti affetti da tale patologia senza distinzione di età e gravità dei sintomi.

Da questa segnalazione e dalla necessità di fare il punto su una malattia che colpisce l’1% dei neonati che diventeranno all’incirca  600mila adulti autistici, scaturisce il Convegno “Una vita con l’autismo”  organizzato dall’on. Paola Binetti, la quale si è fatta anche portatrice di un’interrogazione  al Ministro della Salute Lorenzin affinché vengano  valutati la reale efficacia del farmaco e la sua effettiva utilità .

L’autismo è una sindrome che comporta gravi alterazioni nell’area della comunicazione, della interazione sociale e dell’immaginazione e si manifesta fin dai primi anni di vita.

Si stimano ad oggi in Italia circa 140.000 forme di deficit mentale nella scuola dell’obbligo delle quali circa 40.000 dello spettro autistico, dunque una diagnosi precoce ed un accompagnamento nella crescita potrebbero fare la differenza per i pazienti e per le famiglie.

“L’autismo non è una malattia ma una condizione di vita speciale” sostiene il presidente della fondazione “Genitori per l’autismo” ed è necessaria attenzione e continuità di intervento fino all’età adulta per favorire il funzionamento mentale dei piccoli e sviluppare le loro competenze future.

La scuola va intesa come luogo di riabilitazione desanitarizzato per rafforzare gli aspetti educativi, pedagogici e relazionali di queste persone: occorrono insegnanti capaci di creare coesione, di ovviare all’emarginazione e al timore, di stimolare le capacità di bambini che la Binetti  definisce  con ragione “diversamente intelligenti” .

Gli autistici devono essere aiutati a  trovare strumenti di comunicazione diversi per interagire con il mondo e soprattutto strumenti personalizzati che tengano conto dei contesti e del funzionamento dei nuclei familiari: l’uso dei farmaci serve solo di contenimento e neutralizza alcuni sintomi associati, ma è necessario andare oltre il trattamento per ottenere risultati, occorre creare un sistema a misura dove possano ritrovarsi.

Poichè questa sindrome abbraccia tutta la vita della persona è anche necessario pensare in termini di “dopo di noi”cioè  pianificare azioni che possano dare un futuro in assenza dei familiari, creando strutture come la Farm community di Cascina Rossago, dove svolgere attività manuali aiuta a facilitare le capacità sociali e a mantenere uno standard di vita regolare e ripetitivo,che rassicura chi è affetto da tale patologia e consente una parziale autonomia.

Il  Ministro della Salute Lorenzin, intervenuta al convegno, ha concordato sulla necessità di  passare da una visione medicocentrica ad una sociosanitaria, dunque  investire in ricerca ed effettuare diagnosi precoce ma soprattutto rivedere i percorsi di integrazione sociale e puntare sull’appoggio alle famiglie, all’interno del Piano Salute.

La salute mentale e ancor più la salute mentale in età evolutiva costituisce ancora un  argomento tabù nel nostro Paese, e medicalizzare viene considerata la strada più semplice  per neutralizzare questa “vergogna”: è necessario impegno e determinazione da parte delle istituzioni per attuare un cambio di rotta che consenta di impostare il problema in termini di assistenza sociale e sostegno educativo in età scolare fornendo una prospettiva di vita dignitosa a queste persone, perchè “diverso” non voglia più significare emarginato e avulso dalla società.

 Daniela Pieri

 

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