ALZHEIMER, LA “TERAPIA DELLA BAMBOLA” NUOVA FRONTIERA PER LA CURA
Le Marche si pongono all’avanguardia per la prevenzione e la cura delle problematiche e dei disturbi che insorgono in età avanzata collegate a demenze senili e in particolare all’Alzheimer. Infatti, presso la residenza Protetta e alla Casa di Riposo “Fondazione CECI a Camerano (An), gestita dalla Nuova Sair, è stata avviata nel corso del 2018 una rivoluzionaria terapia non farmacologica, la “terapia della bambola” tra le prime in Italia. Un vero e proprio progetto pilota.
La Terapia della Bambola (Doll Therapy) è nata in Svezia verso la fine degli anni Novanta e fu ideata da Britt Marie Egidius Jakobsson, una psicoterapeuta che creò la bambola per aiutare il suo bambino affetto da autismo. Lo scopo principale della Terapia della Bambola è quello di ridurre alcuni dei più frequenti disturbi comportamentali che colpiscono i soggetti affetti da demenza, come il wandering, l’affaccendamento e l’aggressività, l’agitazione, l’ansia, la depressione, l’apatia e i disturbi del sonno. In secondo luogo percorsi terapeutici adeguatamente strutturati permettono una regolazione e in alcuni casi un decremento delle terapie farmacologiche con beneficio dei pazienti.
Lo scopo principale della Terapia della Bambola, successivamente utilizzata anche ai malati di Alzheimer, è quello di ridurre alcuni dei più frequenti disturbi comportamentali che colpiscono i soggetti affetti da demenza, come il wandering, l’affaccendamento e l’aggressività, l’agitazione, l’ansia, la depressione, l’apatia e i disturbi del sonno. In secondo luogo percorsi terapeutici adeguatamente strutturati permettono una regolazione e in alcuni casi un decremento delle terapie farmacologiche con beneficio dei pazienti.
Dunque, presso la Residenza Protetta e alla Casa di Riposo “Fondazione CECI sono 28 i pazienti coinvolti nel progetto affetti da demenza e demenza di tipo Alzheimer: la loro età va dagli 85 ai 100 anni. Il coinvolgimento ha interessato per la maggioranza donne 25 a fronte di 3 uomini.
Il progetto è stato introdotto con l’obiettivo di individuare attività specifiche dedicate ai pazienti affetti da demenze importanti e in particolare di tipo Alzheimer che rappresentano un target solitamente di più difficile coinvolgimento nelle abituali attività socio-educative e psicologiche.
Fondamentale per la corretta impostazione del lavoro, nonché per il buon esito della terapia, è stato dedicare tempo ed energie alla fase preparatoria delle attività che ha coinvolto anche il personale specializzato. Analogamente importante in questa fase è stata la selezione accurata degli ospiti da inserire in terapia, scelta effettuata attraverso una indagine preliminare sulla vita sociale e familiare delle persone coinvolte, nonché sul loro stato di salute generale attraverso un prezioso confronto anche con lo staff di riferimento. In questa prima fase sono stati individuati tutti gli ospiti potenzialmente in target, ossia 28, prevedendo un loro coinvolgimento nella terapia in progress.
Nel mese di febbraio sono state avviate operativamente le attività partendo con tre gruppi di 7 pazienti ciascuno; ogni gruppo è stato interessato da una somministrazione settimanale delle bambole proposte dall’educatrice in spazi appositamente individuati, in momenti definiti della giornata (sessioni di un’ora alternate tra mattina e pomeriggio) e secondo precise modalità di consegna. Durante le sessioni l’educatrice ha completato una apposita scheda di osservazione nella quale rilevare la presenza/assenza di alcuni segni tipici che mostrano la funzione terapeutica della bambola quali: l’accettazione della bambola e la ricerca di quest’ultima, le interazioni verbali con l’oggetto, il sorriso diretto, il sorriso alle persone presenti, ogni forma di gioco con l’oggetto, ed altre. Le schede, riprese e discusse durante gli incontri di supervisione, costituiscono lo strumento attraverso il quale valutare l’andamento e l’esito della terapia per ciascun ospite.
“Un aspetto rilevante – spiega ROSARIO RICCIOLUTI, presidente di Nuova Sair – riguarda la capacità di incidere sulla socializzazione degli ospiti: si è notato infatti che la possibilità di rivivere le proprie esperienze di accudimento, che l’interazione con la bambola permette, consente alla persona affetta da demenza di creare una sorta di “nuovo terreno comune”, allentando lo stress e l’agitazione che abitualmente ostacolano il rapporto con l’altro sul piano del tempo presente”.
“Dal punto di vista dei risultati – prosegue ROSARIO RICCIOLUTI – durante le somministrazioni si è riscontrata un’effettiva riduzione o un contenimento di alcuni dei principali sintomi riportati dagli ospiti e legati all’Alzheimer quali: agitazione psicomotoria, scarsa socializzazione, wandering, pianto”.
“Esiti significativi ed incoraggianti – spiega MASSIMO PIERGIACOMI, presidente della Fondazione Ceci – raggiunti grazie alla collaborazione e l’impegno di una intera organizzazione che ha saputo raccogliere la sfida di una terapia “non convenzionale” a partire dall’ educatrice professionale dott.ssa Silvia Ferrato capace di mettere in gioco se stessa nella relazione con la bambola, gli infermieri e gli OSS della Cooperativa Nuova Sair e della Fondazione Ceci che hanno mostrato disponibilità e sensibilità nei confronti della doll therapy”.
“Un risultato – conclude LAURA PASQUINI, psicologa del centro – di grande valore, confermato per altro dalla maggiore tranquillità degli ospiti durante le sessioni di terapia, dalla richiesta, sempre più frequente da parte degli operatori, della bambola per l’ospite “al bisogno”, registrando evidentemente una maggiore compliance degli ospiti nei confronti delle attività assistenziali fondamentali anche attraverso la “mediazione” della bambola”.
—