Fatti di Roma

A ROMA OLTRE 250 MILA PERSONE VIVONO IN ZONE A RISCHIO IDROGEOLOGICO

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L’analisi dei 55 km di sponde del Tevere da Castel Giubileo alla foce di Fiumara Grande mostra 120 ettari di golene su 1150 ormai cementificate da un abusivismo dilagato in aree demaniali, 9 km di sponde ricoperte da vegetazione infestante con tronchi pronti a fare da tappo in caso di piena, 2.7 km di banchine con smottamenti e degrado, 59 installazioni galleggianti di cui poche con ormeggi adeguati, 22 relitti affondati e affioranti abbandonati, aree con scarichi abusivi, discariche e ricoveri di persone. E sono circa 250 mila i romani in aree a rischio alluvione, la più alta cifra tra le capitali europee”. Così in una nota l’Autorità di distretto idrografico dell’Italia centrale.
“L’analisi del degrado delle sponde del Tevere rappresenta uno dei passaggi più significativi del Primo Rapporto sul rischio alluvioni, frane, cavità del sottosuolo e acque sotterranee redatto dall’Autorità di distretto idrografico dell’Italia centrale, che ha accorpato anche l’Autorità di bacino del Tevere di cui Erasmo D’Angelis è segretario generale, in collaborazione con il Dipartimento della Protezione civile, la Struttura di missione contro il dissesto idrogeologico #italiasicura e l’Ispra, Istituto Superiore per la protezione e la ricerca ambientale – si legge nella nota – Alle presentazione, nella sala polifunzionale di Palazzo Chigi, hanno partecipato Angelo Borrelli Capo del Dipartimento della Protezione civile, Stefano Laporta presidente dell’Ispra, l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, Filippo Marini Comandante della Capitaneria di porto di Roma, Mauro Grassi della Struttura di missione di Palazzo Chigi #italiasicura. Per la prima volta un format interdisciplinare ha integrato dati, studi conoscenze e professionalità interdisciplinari e Roma ha l’esatta radiografia delle sue problematiche”.
“Per la prima volta – ha detto Erasmo D’Angelis, segretario generale dell’Autorità di distretto idrografico dell’Italia centrale – un format interdisciplinare ha integrato dati, studi conoscenze e abbiamo l’esatta radiografia dello stato del suolo, sottosuolo, delle acque superficiali e sotterranee, le loro problematiche. Il Rapporto mette in luce la gamma di rischi unica tra le capitali europee. I problemi di Roma sono cronici e strutturali. Non si affrontano inseguendo sempre le emergenze e facendo la conta dei danni. Serve visione strategica, fare regia tra istituzioni, dal Governo centrale alla Regione al Campidoglio ai Municipi ai cittadini e alle associazioni. Bisogna andare oltre le divisioni della politica, voltare pagina e svoltare stabilmente nell’era della prevenzione strutturale e della manutenzione ordinaria. Il Piano Roma Sicura è centrato su un elenco di 155 opere e interventi di contrasto ad alluvioni, frane, voragini, con un fabbisogno decennale di investimenti pari a circa 1 miliardo. Un Piano alla portata di un Paese come l’Italia e i primi 114 milioni sono già disponibili dal piano di Italiasicura per le prime opere già progettate. Sul Tevere a fine maggio negli ‘Stati Generali del Tevere’ presenteremo il grande progetto di sicurezza e qualità dalla sorgente alla foce”.
E’ intervenuto anche il Presidente di Ispra Stefano Laporta: “Le attività dell’ISPRA finalizzate a prevenire e gestire situazioni di dissesto, non solo a Roma. Da 15 anni sono avviati progetti in tal senso ed è stato effettuato un censimento delle cavità in alcune città metropolitane. Gli studi dimostrano che su questa realtà la conoscenza non è ancora esaustiva. Ogni anno registriamo 90 voragini. A Roma, nel primo trimestre del 2018, rilevato il doppio delle voragini del 2017″.
Ha concluso poi il Capo Dipartimento della Protezione civile Angelo Borrelli: “La giornata di oggi è particolarmente importante perché, grazie a questo rapporto, possiamo contare su una mappa fondamentale per la riduzione del rischio nella Capitale. Un lavoro che deve stimolare gli interventi di prevenzione strutturale e la pianificazione d’emergenza, a cui il Dipartimento della Protezione Civile guarda con particolare attenzione”.
“I numeri del degrado che impattano sulla popolazione e sui beni pubblici e privati e testimonianze storiche impressionano – si legge nel comunicato – Il rischio frane. Le cronache raccontano di recenti fenomeni franosi in diversi quartieri della Capitale con interessamento anche di abitazioni, spesso troppo vicine ad alture a rischio. Il lavoro di analisi mostra 28 zone in frana e 383 siti soggetti a fenomeni franosi. Tra le frane recenti più importanti quelle che hanno colpito la zona di Viale Tiziano e Monteverde vecchio, intorno a via Ugo Bassi. Il rischio alluvioni. Le alluvioni sono parte della storia della Capitale con l’acqua del Tevere giunta in molte occasioni a livelli di grande pericolosità in diverse epoche. Dall’Unità d’Italia a oggi 4 grandi alluvioni hanno visto la città allagata. 1870: Altezza delle acque a 17,22 m, portata 3.300 mc/secondo; 1937: Altezza 16.84 m, portata 2.900 mc/s; 1947: Altezza 14.53 m, portata 2.300 mc/s; 2012: Altezza 13,49 m, portata 1.933 mc/s. I livelli di ogni pienasono tante “lezioni” segnalate anche da 90 ‘manine’ e lapidi di marmo murate sulle facciate di chiese e palazzi del centro storico. Una delle più tragiche, il 28 dicembre 1870 con 17,22 metri a Ripetta, diede il via al Progetto Canevari per gli alti Muraglioni di travertino in centro storico. La loro costruzione durò circa mezzo secolo, conclusa nel 1926. Il sistema però entrò in crisi nella grande piena del 28 dicembre del 1937 quando Roma e la campagna ormai diventata città furono allagate. Ai Muraglioni si aggiunsero piu le dighe idroelettriche di Corbara (1962) e Alviano (1964), le traverse di Castel Giubileo (1952), Nazzano (1956) e Ponte Felice (1961). E oggi? I problemi sono molto gravi come hanno dimostrato le piene dell’11 dicembre 2008, del novembre 2012 e del gennaio 2014 con zone sott’acqua. Le cartografie aggiornate dell’Autorità di Distretto mostrano fragilità mai strutturalmente affrontate. Il rischio oggi riguarda un territorio urbano di 1.135 ettari dove vivono e lavorano circa 250.000 persone, è la più elevata esposizione d’Europa. Roma ha zone che non reggono nemmeno un acquazzone, come abbiamo visto il 10 settembre e il 5 novembre scorsi, piste di Fiumicino comprese. Inutile stupirsi quando il sistema fognario è in parte non in perfetta efficienza, manca la corretta e continua manutenzione dei tombini e sono inefficienti e in gran parte scomparse per sversamento di rifiuti e vegetazione spontanea circa 700 km di indispensabili vie d’acqua tributarie del Tevere e dell’Aniene: canali, fossi, sistemi di scolo. Il rischio voragini. Le aree particolarmente interessate dalla formazione di grandi voragini si concentrano nella porzione orientale di Roma. I Municipi più colpiti sono: il Municipio V, il Municipio VII, il Municipio II (quartieri Tuscolano, Prenestino, Tiburtino) ma anche il centro storico con le aree dell’Aventino del Palatino e dell’Esquilino. Nella porzione occidentale di Roma il Municipio che conta più voragini è il Municipio XII seguito dal Municipio XII (quartieri Portuense e Gianicolense. Negli ultimi 8 anni si è assistito ad un grande incremento del numero delle voragini: da una media di 16 voragini l’anno (dal 1998 al 2008) si è passati ad una media annuale di più di 90 voragini; il massimo di 104 è stato registrato nel 2013. Al 31 Marzo del 2018 sono state registrati 44 eventi. Le cavità sotterranee. La causa principale della formazione delle voragini a Roma è la presenza di numerose cavità sotterranee di origine antropica scavate dall’uomo a vario titolo ma principalmente per l’estrazione dei materiali da costruzione. Tali vuoti costituiscono in molti casi una intricata rete di gallerie. Sono stati sinora censiti e mappati 32 kmq di gallerie sotterranee che giacciono sotto il tessuto urbano. Le cavità si concentrano per lo più nella porzione orientale della città. I relitti nel Tevere. Le diverse inondazioni che hanno interessato il fiume Tevere nel territorio del Comune di Roma hanno causato nell’arco dei decenni un ulteriore elemento di pericolosità rappresentato dai tanti barconi ormeggiati alle sponde del corso d’acqua con utilizzo di funi e cavi e non ancorati che per via delle piene sono affondati e non sono mai stati recuperati. La Guardia Costiera, Capitaneria di porto ha compiuto uno studio dettagliato. Sono 22 i natanti nelle acque del Tevere, dalla diga di Castel Giubileo alla foce, alcuni dei quali nei tratti corrispondenti al centro storico e in prossimità di ponti. Piano di opere e piano finanziario. La Struttura di missione Italiasicura contro il dissesto idrogeologico della Presidenza del Consiglo, l’Autorità di Distretto e la Regione Lazio hanno individuato le opere necessarie per ridurre lo stato di pericolo. E i costi. Si tratta di avviare un Piano decennale che ha bisogno della massima e permanente collaborazione istituzionale, dal Governo alla Regione, dal Campidoglio ai Municipi. Per il complesso degli interventi è stato calcolato un fabbisogno di risorse finanziarie pari a 871 milioni per 155 interventi di varia tipologia: 783 milioni per 127 opere di contrasto al rischio alluvione e 86 milioni per 28 opere per mettere in sicurezza diverse aree cittadine dal pericolo frane. A questo valore vanno aggiunti almeno 15 milioni l’anno per gestire la manutenzione ordinaria e tenere in efficienza vie d’acqua come canali e fossi interni all’area urbana oggi in stato di grave degrado o addirittura “tombati” da vegetazione spontanea e rifiuti, e 4 milioni l’anno per verifiche e interventi preventivi sulle voragini urbane. Complessivamente la cifra è di 1040 milioni. Ad oggi sono disponibili i primi 104 milioni, già previsti per progetti inseriti nel Piano città metropolitane di Italiasicura. Il fabbisogno di risorse comporta però impegni finanziari annuali per almeno 100 milioni di euro”.

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