IL MEGLIO IN EDICOLA DI MERCOLEDI’ 25 MARZO 2015
L’ombra di Mafia Capitale sugli appalti regionali (Fulvio Fiano)
Il governatore Nicola Zingaretti riferisce oggi in aula alla Pisana sulle dimissioni di Maurizio Venafro, il suo capo di gabinetto indagato per turbativa d’asta nell’inchiesta Mafia Capitale. Venafro avrebbe indirizzato almeno uno dei lotti con la nomina nella commissione appaltatrice di Angelo Scozzafava (accusato a sua volta di associazione mafiosa). Ma al vaglio dei pm romani c’è l’intera procedura di indizione della gara.
Ne parlano anche Claudio Guarany, uno dei collaboratori di Salvatore Buzzi, con Massimo Carminati. Guarany: «C’è una gara da 60 milioni de euro». Carminati: «In Regione c’avemo Luca (Gramazio, ndr). Luca sicuramente è stato interessato. Se c’è da dà una spinta, gliela damo. Anche perché parlamo de 60 milioni.. è normale che su una cosa del genere ce stanno…». Guarany: «So i servizi de Asl, de informazioni, sportelli, capito?».
Il 9 dicembre Zingaretti aveva provato a fare terra brucata attorno alle infiltrazioni dell’organizzazione di Massimo Carminati negli appalti in via di assegnazione, tra cui il Recup: «Detta gara non è stata ancora aggiudicata in quanto non sono ancora state completate le operazioni di valutazione da parte della commissione di gara», si affrettò a dire. Buoni rapporti con Venafro vantava anche Luca Odevaine, in altre stagioni legato a Zingaretti e Walter Veltroni, e ritenuto personaggio chiave dell’inchiesta. Il primo a sollevare il sospetto, mettendo in correlazione all’indomani degli arresti per Mafia Capitale date e cifre di assegnazione della gara con «il bando da 60 milioni» che vantava a maggio Salvatore Buzzi, era stato Francesco Storace, capogruppo del La Destra. […]
«Stop alle Parentopoli» Un decalogo vieta carriere e premi facili (Fabio Rossi)
Stop a premi ad personam, promozioni facili e indennità senza freni. Dopo gli anni bui di Parentopoli, il Campidoglio ha deciso di mettere dei paletti certi alla gestione del personale nelle aziende capitoline. A partire da Atac e Ama, dove il regime delle società per azioni, di proprietà pubblica ma governabili con i più snelli strumenti del diritto privato, ha permesso anni di gestione all’insegna di nepotismo e clientelismo. La delibera sul riordino delle aziende del gruppo di Roma Capitale, approvata lunedì dal consiglio comunale e presentata ieri da Ignazio Marino, non prevede soltanto liquidazioni di società (come Assicurazioni per Roma) o cessione di partecipazioni (dal Centro ingrosso fiori alla Centrale del latte). Ma anche un codice di comportamento che da ora le aziende di proprietà di Palazzo Senatorio dovranno seguire scrupolosamente, pena l’immediata rimozione degli amministratori. E arriva anche la mobilità obbligatoria tra le aziende: «Prima di assumere altri dipendenti ogni azienda dovrà accertarsi, oltre all’assoluta necessità dell’assunzione stessa, che non vi sia personale disponibile nelle altre aziende capitoline per quel tipo di lavoro», spiega l’assessore al bilancio Silvia Scozzese.
Il primo punto riguarda le indennità facili e i tanti premi ad personam, spesso elargiti senza criteri di merito. Le nuove norme prevedono innanzitutto il divieto «di un differente trattamento economico tra dipendenti che svolgono le stesse funzioni». Tradotto: niente più bonus ad personam a “furbetti” sponsorizzati dal capobastone di turno. La stessa filosofia spinge verso una riforma del salario accessorio, sulla falsariga di quella messa in campo dall’amministrazione comunale: il rapporto tra le somme impiegate per il salario accessorio e quelle per pagare gli stipendi base dovrà essere «non superiore a quello erogato da Roma Capitale». Anche le partecipate, quindi, dovranno adottare un modello che leghi gli extra ad aumenti reali di produttività, in ogni caso senza superare i tetti di spesa previsti da Palazzo Senatorio per i propri dipendenti. E lo stesso criterio dovrà essere adottato per il lavoro straordinario.
Sotto osservazione anche l’utilizzo del personale, per evitare nuove ondate di assunzioni e promozioni facili. Un lavoro particolarmente importante visto che Comune, Atac e Ama insieme superano i 40 mila dipendenti totali: 23.083 in Campidoglio, 11.696 per la società di via Prenestina, 7.827 in forza all’Azienda municipalizzata per l’ambiente. Nella delibera sul riordino delle aziende è previsto che in tutte le aziende del gruppo il rapporto tra numero di dirigenti e totale dei dipendenti non sia superiore a quello di Palazzo Senatorio. Atac e Ama, negli ultimi anni, si sono già sottoposte autonomamente a una cura dimagrante delle posizioni di vertice, dopo le vacche grasse del passato, ma è probabile che dal Comune arrivi un chiaro input per continuare su questa strada, indispensabile anche a un’efficace revisione della spesa.
“Illeciti per la Metro C” L’assessore Improta indagato con Incalza (Lorenzo D’Albergo)
Buche, già in 500 per la class action Codacons
Motociclisti costretti a fare la gincana, automobilisti presi alla sprovvista dall’asfalto sconnesso e costretti a cambiare le gomme della vettura, pedoni inciampati e finiti a terra. Le strade colabrodo della Capitale mietono vittime ogni giorno e, mentre proseguono gli interventi nell’ambito del piano anti-buche messo a punto dall’amministrazione capitolina, sono già 500 le adesioni arrivate alla “class action” lanciata dal Codacons per costituirsi parte offesa nel processo penale per chiedere risarcimenti danni subiti a causa del dissesto strade. Boom di iscrizioni, nelle settimane scorse, quando Roma è stata colpita dal maltempo.
Le buche non risparmia nessun municipio, ma negli ultimi tempi le segnalazioni al Codacons arrivano soprattutto dal quadrante Sud-Est, Romanina e Tor Vergata in primis.
Anche la Fondazione Ania per la sicurezza stradale monitora il problema delle strade pericolose dando voce ai cittadini grazie a una App gratuita per smartphone e tablet: basta scaricarla sul proprio dispositivo, posizionarsi in prossimità del “black point”, attivare l’app e scattare una foto. Si invia così la segnalazione alla stessa Fondazione che a sua volta si rivolge agli enti proprietari della strada per richiedere un intervento. Gli avvertimenti riguardano strade dissestate, ma anche problemi alla segnaletica, al guard rail, scarsa illuminazione, incroci o curve pericolose. semafori spenti. Ma le voragini fanno la parte del leone: basti pensare che, secondo i più aggiornati dati della Fondazione Ania, su 5.287 “black point” segnalati la metà, 2.600, sono buche o strade dissestate. […]
Garcia e un altro 10 per la volata Roma (Andrea Pugliese – Davide Stoppini)
Erano state proprio dieci partite, all’inizio dell’era Garcia, a far sognare un po’ tutti, quasi sulla scia di un entusiasmo senza fine. Saranno altre dieci partite, quelle che mancano alla conclusione del campionato, a decidere il futuro della Roma e dell’allenatore. Perché, al di là delle dichiarazioni ufficiali e delle prese di posizione pubbliche, è evidente che il piazzamento finale della Roma farà tutta la differenza del mondo. Per gli equilibri economici del club, per la composizione dell’organico che verrà e per la posizione dello stesso Garcia. Quello delle dieci vittorie consecutive, la scorsa stagione, sembrava la novità assoluta del calcio italiano, il volto capace di portare una ventata di novità un po’ ovunque. Quello che in queste ultime dieci partite deve traghettare la Roma in porto (leggi Champions League) è un uomo che ha deciso di combattere, di andare in guerra, di vincere lo stesso la sua battaglia. Nonostante tutto e tutti. E per questo ha già cominciato con il fare delle scelte nette, importanti, diverse da quelle che lo hanno accompagnato in questi ultimi mesi giallorossi di mare in tempesta.
Rispetto alla Roma che sognava l’Europa o di alzare trofei, quella attuale è una squadra molto più libera. Più nelle gambe che nella testa, ma la vittoria di Cesena potrà aiutare anche da quel punto di vista. Va preso il lato giusto della vicenda: il fatto di essere oramai fuori dalla corsa per qualsiasi trofeo può almeno aiutare il gruppo di Garcia a lavorare e concentrarsi esclusivamente proprio su queste dieci partite, quelle che mancano alla fine del campionato. Da Napoli al Palermo, passando per il derby. Perché in fondo un derby infinito sono questi due mesi di stagione. E allora è giusto curare ogni dettaglio. Quasi come un cerchio che si chiude: il Napoli pare il Livorno, Pasqua 2015 come agosto 2013. Quel giorno la Roma era azzerata, reduce dalle macerie di un’estate passata a giocare al tutti contro tutti. E sì che tutto torna, perché a Trigoria non s’è più vista una contestazione.
Fino al pre Cesena, fino a nuove macerie, almeno nella simbologia di una tifoseria delusa perché convinta di aver spiccato il volo e invece ritrovatasi a lottare ad altezza uomo. La magia non c’è più. La magia va ricostruita, nelle ultime 10 giornate. Cesena vale come mattone, fondamenta di un secondo posto tutto da costruire. Con tutte le conseguenze del mondo. Per la Roma, che davanti a sé ha una volata per regalarsi un’estate senza il patema d’animo dei preliminari Champions League. E per lo stesso allenatore, il cui destino — oltre che la sua forza — è con ogni probabilità appeso alla qualificazione europea.
Dentro o fuori, non c’è altra via. E allora per imboccare la strada giusta Garcia ha riazzerato la Roma: le scelte di formazione di Cesena hanno avuto il sapore di un limite passato. «Gioca solo chi ha voglia di fare la guerra», è il pensiero del francese. […]
A lezione da Lotito «Anderson resta Lazio miracolosa» (Stefano Cieri)
Professore per un giorno. Claudio Lotito è salito ieri in cattedra. Una cattedra vera, quella della Pontificia Università Europea di Roma. Lo hanno invitato per tenere una lectio magistralis sul bilancio economico delle società quotate in Borsa. E lui non si è tirato indietro. Ha parlato per due ore e avrebbe continuato se il Rettore non l’avesse fermato. «Posso andare avanti», ha «minacciato» Lotito allo scadere delle due ore. «Abbiamo dei tempi da rispettare», lo ha bloccato il Rettore, che però ha colto la palla al balzo: «La aspettiamo per altre lezioni».
Il tema di quella di ieri (con Lotito anche i giocatori Djordjevic e Pereirinha e l’aquila Olympia) era come si salva una società gravata da 550 milioni di debiti. E’ il caso Lazio, che Lotito rilevò nel 2004 in una situazione pre-fallimentare e che nel giro di tre anni riportò in vita. Ha ripercorso, il presidente, le tappe salienti del salvataggio: dall’accordo con l’Erario (debito di 150 milioni spalmato in 23 anni) allo sfruttamento del marchio per attutire le conseguenze della riduzione da 10 a 5 anni della durata dello spalmaperdite. Ma la parte più interessante c’è stata quando ha spiegato, in concreto, come si salva un bilancio. «Sarò eternamente grato a Kolarov (ceduto al City nel 2010, ndr. ). Ero pronto a trattenerlo, ma lui mi disse che c’era un club importante che lo voleva. Era il City, a cui lo vendemmo per 20 milioni dopo averlo preso per 700 mila euro. Gli emiri (si riferisce ai proprietari del City, ndr. ) mi dissero che non avrebbero più fatto affari con me…». E poi racconta la cessione all’Inter di Hernanes di un anno fa: «Non volevo venderlo, ma lui e il suo procuratore avevano deciso di andarsene. A quel punto ho preso in mano la situazione e sono andato a trattare con l’Inter. Dalla cessione la Lazio ha ricavato 20 milioni (era stato pagato 11, ndr): è stato un capolavoro».
Un capolavoro ancora più grande può essere Felipe Anderson. Comprato per 9 milioni, oggi ne vale cinque volte di più. Se e quando lo venderà, per Lotito sarà la plusvalenza del secolo. Uno studente glielo fa notare e lo invita pure a farlo, ammettendo di essere romanista… E lui: «La plusvalenza non ci sarà perché Felipe resterà con noi. E’ profondamente religioso e ha certi valori. Tra l’altro ha appena rinnovato il contratto. Solo di fronte a proposte indecenti potremmo valutare, ma non accadrà». Un altro studente invece gli fa notare che sono anni che la Lazio (intesa come società quotata in Borsa) non distribuisce dividendi agli azionisti. «Vero, ma è meglio che le risorse siano tutte destinate alla società. Noi abbiamo un fatturato di 80 milioni e dobbiamo competere con società che fatturano cifre molto superiori. Se disponessi dei 300 milioni di fatturato della Juve vincerei tutto: scudetti, coppe nazionali e internazionali. Quello che stiamo facendo con la Lazio e anche con la Salernitana (capolista in Lega Pro, ndr. ) lo dimostra».