Fatti di Roma

IL MEGLIO IN EDICOLA DI MARTEDI’ 24 MARZO 2015

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corriere della sera

«Corruzione, tre aziende su quattro la considerano una realtà normale» (Fulvio Fiano)

Il momento era propizio, freschi dell’indagine che ha rivelato l’esistenza di Mafia Capitale e delle altre, che quotidianamente coinvolgono amministratori e ufficiali pubblici a tutti i livelli, dai vigili ai magistrati, dai politici ai funzionari e dirigenti di enti, società, fondazioni. E il risultato non poteva essere una fotografia più precisa dello sconfortante stato dei fatti: il 73,6% delle piccole e medie imprese del Lazio pensa che i fenomeni di corruzione e collusione costituiscono una realtà «normale» all’interno delle pubbliche amministrazioni. È quanto emerge dal focus «corruzione» di un’indagine della Cna (la Confederazione degli artigiani) di Roma e Lazio e del Centro Europa ricerche commissionata dopo la maxi inchiesta che ha coinvolto decine di indagati più o meno insospettabili.

È infatti totalmente d’accordo con la ineludibilità di mezzette e tangenti il 42,7% delle imprese, a cui si aggiunge un ulteriore 30,9% che si dichiara abbastanza d’accordo. Sulle cause di questo fenomeno i piccoli imprenditori sembrano concedere attenuanti. Sono infatti «le norme poco chiare e disordinate che regolano l’attività della pubblica amministrazione il terreno fertile perché la corruzione e la collusione possano fiorire», ritiene il 55,1% dei soggetti interpellati,secondo i quali questo fattore «incide molto». A queste se ne aggiunge un ulteriore terzo (il 30%) che riconosce a tale fattore un ruolo importante nel far fiorire i fenomeni di corruzione e/o di collusione. […]

Messaggero

Stretta su Parentopoli e stipendi (Fabio Rossi)

Saranno messe in vendita tutte le partecipazioni possedute dal Campidoglio in aziende che non forniscono servizi pubblici ai cittadini, da Investimenti spa al Centro ingrosso fiori, con la liquidazione di Assicurazioni di Roma e la trasformazione di Farmacap in società per azioni. Ignazio Marino esulta, e parla di «risultato storico» con il taglio di «vecchie abitudini e strutture oggi davvero dispendiose e non utili alla città». Ma la versione definitiva della delibera sul riordino delle aziende capitoline – con l’emendamento approvato ieri dalla giunta e approvato in serata dal consiglio comunale, dopo una lunga mediazione del capogruppo Pd Fabrizio Panecaldo – prevede anche un giro di vite su assunzioni, promozioni e stipendi nelle aziende che resteranno di proprietà di Palazzo Senatorio, a partire da Ama e Atac.

Le nuove norme sul personale, pensate come antidoto a Parentopoli, prevedono criteri stringenti. In primis, il rapporto tra numero di dirigenti e totale dei dipendenti non dovrà superare quello del Comune, e fino a quando non sarà verificata questa condizione non si potranno fare altre assunzioni. Non si potranno superare i parametri dell’amministrazione capitolina anche per altre due voci fondamentali dell’organizzazione del lavoro nelle società del gruppo Roma Capitale: la spesa per il lavoro straordinario e, soprattutto, quella per il salario accessorio dei lavoratori. Le cui norme, in pratica, dovranno pressoché uniformarsi alla riforma varata da Palazzo Senatorio, a inizio anno, per i sui 24 mila dipendenti.

La delibera conferma la cessione di gran parte delle aziende capitoline, con l’aggiunta della Centrale del Latte. In vendita le società di secondo livello di Ama e Atac e la partecipazione in Adr, fino ad Assicurazioni di Roma, il cui personale sarà prepensionato o assorbito da altre aziende. […]

Repubblica

Bullismo al liceo artistico branco di quindicenni umilia e picchia due compagni (Anna Rita Cillis)

Dallo scherzo sono passati alle minacce poi alle aggressioni. Cinque ragazzini — tutti quindicenni — dovranno rispondere di bullismo contro due coetanei. La storia è iniziata poco più di un mese fa nella succursale di viale Pinturicchio del liceo Artistico “Ripetta”. Una scuola che ospita studenti provenienti da Roma Nord: dal Flaminio, passando per Ponte Milvio fino alla Cassia.
Un complesso a pochi metri da piazza Mancini teatro anche di un’aggressione ai due coetanei da parte dei cinque bulli che millantavano, peraltro, di appartenere a un gruppo neofacista della zona a nord della Capitale. Per i cinque, dopo le indagini della polizia, è scattata una denuncia per violenza privata, lesioni e minacce e il fascicolo è in mano alla procura dei minori. A dare il via alle indagini è stato il padre di una delle due vittime che si è rivolto alla polizia.
Nel riavvolgere il nastro della vicenda si scopre che il tutto inizia circa un mese fa quando il gruppetto comincia a prendere di mira uno studente di un’altra classe. A far scattare la molla, forse, delle gelosie legate a una ragazzina contesa tra uno dei bulli e uno dei giovani vessati dalla gang. Fatto sta che i cinque prima se la prendono con il loro compagno di scuola e ma subito dopo anche con un suo amico di classe che cercava di difenderlo. Prima ci sono le battute seguite da scherzi fino a vere e poroprie umiliazioni.
I cinque, infatti, obbligano la loro vittima a fumare una sigaretta con dentro peli pubici. Ma non si fermano lì, e iniora ziano stuzzicarlo: «Non hai il coraggio di affrontarci, ne parliamo fuori scuola», gli dicono a un certo punto. Ma invece delle scuse, secondo quanto ricostruito dagli agenti anche grazie a riscontri su alcuni social network, il ragazzino sarebbe stato picchiato dal branco. Stessa sorte per il suo amico. In un caso i due liceali sarebbero stati inseguiti fino alla vicina piazza Mancini e i bulli messi in fuga dal conducente di un bus, fermo al capolinea.
La storia si chiude quando il padre di una delle vittime, preoccupato perché il figlio era tornato a casa con il viso tumefatto, si è rivolto al commissariato di Villa Glori. A quel punto gli investigatori hanno ascoltato compagni e docenti e individuato i cinque quindicenni e il cerchio si è chiuso. Da lì è scattata la denuncia per tutti i cinque quindicenni. Ora del caso se ne occuperà la procura dei minori. […]
Tempo

Indagava su Tassone, trasferito (Vincenzo Bisbiglia)

Roberto Stefano, il comandante dei vigili di Ostia che verrà trasferito dopo le dimissioni e la richiesta di aiuto del minisindaco Andrea Tassone, stava indagando sullo stesso presidente e sul suo assessore più “potente”, Antonio Caliendo. Entrambi finiti sul registro degli indagati della Procura di Roma, proprio grazie al lavoro di polizia giudiziaria portata avanti da Stefano. A rivelarlo è il Senatore del Nuovo Centrodestra, Andrea Augello, che ha presentato una dettagliata interrogazione al ministro per la Funzione Pubblica, Marianna Madia.

Secondo il ragionamento di Augello, il trasferimento di Stefano (da appena un anno al vertice del X Gruppo Ostia) sarebbe da ricondurre dunque a queste indagini, e non alle infiltrazioni mafiose denunciate da Tassone e sottoscritte dal commissario Pd, Matteo Orfini. Il minisindaco e il suo assessore sarebbero indagati («procedimento penale numero 42400/14», cita Augello) per una serie di irregolarità relative alla manifestazione «Lungo il mare di Roma», svoltasi la scorsa estate.

«Approfondendo l’inchiesta – racconta Augello – sono emerse evidenti incongruenze tra la mancata quantificazione del canone dell’occupazione di suolo pubblico e il valore delle opere a scomputo previste per la riqualificazione dei giardini storici presenti nell’area. Per colmare questa lacuna veniva successivamente presentata una variante che stimava in circa 300mila euro il valore dei lavori per la riqualificazione dei giardini, cifra del tutto esorbitante rispetto alla realtà». Segnalata la questione da Stefano, la Procura ha inviato ai due un avviso di elezione di domicilio: «Consapevole della delicatezza della situazione – afferma ancora il Senatore – il Comandante si è assunto la responsabilità di presenziare alla notifica dei verbali di elezione di domicilio». […]

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