IL MEGLIO IN EDICOLA DI GIOVEDI’ 26 MARZO 2015
I dipendenti bocciano il salario accessorio Venti di guerra tra Comune e sindacati (Carlotta De Leo)
Non bastava la bufera politica con l’inchiesta che ha coinvolto il suo assessore ai Trasporti, Guido Improta. Ora il sindaco Ignazio Marino deve affrontare (o meglio ri-affrontare) un altro fronte tutto interno: la rivolta dei dipendenti capitolini, che ieri hanno bocciato l’accordo sul salario accessorio.
Gli addetti comunali hanno respinto l’intesa raggiunta – dopo mesi di trattative, scioperi, manifestazioni e fiaccolate – al tavolo con Cgil e Cisl. Nel referendum tra i lavoratori (previsto dall’accordo stesso) ha vinto il «no» al nuovo contratto decentrato che introduce un nuovo meccanismo che lega la parte accessoria del salario a produttività e merito.
Alle urne – trentadue allestite in tutta la città in una giornata di forti disagi dovuti alla pioggia battente – si è recato, secondo fonti delle organizzazioni sindacali, circa il 60% dei 24 mila dipendenti capitolini. In tutto oltre 14 mila persone: tra loro hanno prevalso gli 8.605 lavoratori che si sono opposti al nuovo meccanismo che il Campidoglio (su sollecitazione del ministero dell’Economia) ha introdotto per l’attribuzione di benefit e premi, mettendo fine alla «pioggia» di questi anni.
E così, alle due organizzazioni sindacali non è restato che ritirare, cosa che avverrà oggi stesso – la firma dalla pre-intesa. «Per noi è comunque una vittoria della democrazia, il popolo sovrano ha deciso. Noi prendiamo atto della volontà di non sottoscrivere definitivamente il contratto – spiegano i i segretari romani di Fp Cgil e Cisl Fp, Natale Di Cola e Roberto Chierchia – Ora però ognuno si deve assumere le sue responsabilità. Ci aspettiamo il contributo di tutti per superare questo evidente stallo». Una frecciata contro la Uil, che ha guidato il fronte del «no» insieme a Csa, Usb, Ugl e Cobas. E che ora rivendica la vittoria: «La volontà dei lavoratori che non vedono aumenti salariali da oltre sei anni è quella di non piegarsi a nuove modifiche peggiorative. Ora si torni al tavolo per arrivare all’equo riconoscimento e alla valorizzazione delle professionalità», spiega l’Ugl.
Per il Campidoglio, la sconfitta porterà semplicemente le lancette indietro e qualche soldo in meno nelle tasche dei lavoratori. Si tornerà a quell’atto unilaterale – approvato dalla giunta la scorsa estate senza la condivisione delle parti sociali ed entrato in vigore a gennaio – che Cgil e Cisl avevano a lungo cercato di modificare con la pre-intesa, ora superata. […]
Regione, un giudice al posto di Venafro (Simone Canettieri)
«Ora prendo un magistrato come capo di Gabinetto». Lo sfogo di Nicola Zingaretti cela un’intenzione concreta, già spiegata allo staff e a diversi parlamentari del Pd. Le dimissioni di Maurizio Venafro, indagato nell’inchiesta Mafia Capitale, spingono il governatore a una svolta drastica. Si ragiona in questo momento su una figura che provenga dal Consiglio di Stato o dalla Corte dei conti, meglio ancora sarebbe dalla Procura. Stile Sabella in Campidoglio? Sì. Perché «il clima» nei Palazzi romani ormai è questo: chi governa non si fida della politica. Sembra un paradosso ma non lo è. Lo ammette proprio Zingaretti mentre parla nell’acquario del consiglio regionale: «In questa fase occorre cedere una parte di sovranità». Il riferimento è all’Anticorruzione di Cantone, nuova alleata della giunta, ma si può estendere.
Alla Pisana il presidente fa due interventi: apre a mezzogiorno con una relazione all’insegna del catenaccio. Difende Venafro, corregge gli articoli di giornale letti in mattinata e prova il contropiede: «In questi due anni – spiega – abbiamo respinto il malaffare e nessun appalto è andato a finire nelle mani di Mafia Capitale». Le dimissioni di Venafro, braccio destro da tredici anni, hanno toccato politicamente e umanamente il governatore. Che sull’operato del suo capo di gabinetto dice: «Non ha mai fatto parte di alcuna commissione di assegnazione di gara, e nel suo ruolo non aveva potere sulla nomina di membri di commissioni di gara». Il problema è questo: chi vinse la Regione con lo slogan «Immagina» ora non riesce a immaginare quale piega possa prendere il secondo tempo di Mafia Capitale. Segue un dibattito acceso, nell’aula della Pisana, al quale assistono, pur senza intervenire, anche Luca Gramazio (FI) ed Eugenio Patanè (Pd), i due consiglieri indagati nella stessa inchiesta. La maggioranza, con il capogruppo Pd Marco Vincenzi, si dice disponibile a valutare l’istituzione di una commissione trasparenza, da affidare a un esponente dell’opposizione. […]
Maltempo, quercia si schianta su un’auto:ucciso un uomo. “È emergenza alberi” (Cecilia Gentile)
Minore si prostituiva, anche con professionisti (Fab. Dic.)
A 16 anni si prostituiva nelle zone Eur-Magliana. Con clienti qualunque (10-12 al giorno) ma anche con professionisti, come un ingegnere e un medico. I soldi li mandava alla madre romena, 100-200 euro per quattro giorni alla settimana. E li divideva con i suoi sfruttatori.
Ora sono tutti agli arresti, mamma compresa. Si tratta di cinque persone accusate dal gip presso il Tribunale di Roma, Luigi Balestrieri, su richiesta dei pm della Procura, Maria Monteleone e Cristiana Macchiusi. La storia comincia nell’agosto scorso, in una caserma del Bergamasco. La cugina della poveretta riferisce ai militari che ha saputo che si prostituisce. Il suo è un appello accorato perché l’incubo finisca. I militari sono solerti e avvisano i colleghi della Capitale. E non ci mettono molto a verificare i fatti. Gli investigatori notano il viavai di incontri.
C’è anche chi riaccompagna la ragazza al suo domicilio. L’adolescente ha clienti fissi. E a volte lavora senza usare protezioni. in quei casi fa pagare 500 euro. Ha cominciato a vendersi quando era in Romania. Non andava a scuola e andava sull’autotrada dove si offriva agli sconociuti. Poi è venuta in Italia sotto la protezione di un romeno. E ha comnciato a fare soldi, tanti. In parte lai avrebbe inviati alla madre, uina donna che avrebbe deto di avere tanti debiti, che diceva alla figlia di coprirsi col maglione perché altrimenti durante la notte avrebbe preso freddo.